sabato 7 aprile 2012

Susanna Regazzi - Viaggio in Bosnia: immagini ed emozioni


Verso Sarajevo:


Il pullman sfrecciava nella pianura completamente buia già da qualche ora, quando abbiamo intravisto nella luce dei fanali le prime case in rovina. Per chilometri e chilometri scorrevano ai nostri lati soltanto figure grigie, pareti senza tetti, colonne senza pareti, come fossero i fantasmi dei paesi popolati e luminosi che vi erano poco più di 15 anni fa. Forse a causa delle nostre aspettative o forse per qualche empatia con il silenzio circostante, ci sentivamo oppressi e abbandonati nel guardare l'impronta lasciata dalle granate. Si aveva l'impressione che, oltre quella breve visione fatta di istanti e di pochi metri, oltre l'asfalto vi fosse nascosto qualcosa che non riuscivamo a carpire, ma che ci pervadeva di una tristezza soffocante e inesprimibile.

Sarajevo:


Sarajevo è come un tessuto di case e di tombe, ci sono bianche lapidi sparse tra le vie e i giardini, fino a isolati alternati alle colline ricoperte di cimiteri. In questa capitale, più che mai, la vita e la morte coesistono l'una accanto all'altra: la distruzione della guerra e a fianco l'irresistibile slancio verso la rinascita. Allo stesso modo, in una città così speciale, laddove diverse culture si compenetrano e si sommano costituendo una società multietnica e ricca, la ricchezza, anche e spesso, divide.

Srebrenica:


Le colline ancora minate tutto intorno erano come un'eco all'assedio. Abbiamo camminato tra le lamiere mutilate della ex base olandese, in silenzio. Dentro i capannoni della strage l'aria stessa ricordava l'orrore. Appese alle pareti, le immagini non suscitavano commenti, ma un muto sguardo sgomento. All'uscita dalla sala del video, nessuno aveva più parole, tutti hanno capito come sia difficile esprimere in modo umano ciò che è solo disumano. Nemmeno le lacrime potevano cadere. Da quel giorno è rimasta dentro di noi solo una sorda e grave amarezza.

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