lunedì 5 dicembre 2011

Giulia Bernardinello - Diverso da chi?


La differenza che spaventa

La parola ebraica “ZAR” sta a significare “lo straniero che abita fuori dai confini di Israele”, verso il quale si nutre un senso di inimicizia. Un “buffo” gioco di parole in ebraico fa confondere “ZAR” con “SAR”. Quest’ultima parola significa invece “il nemico da cui bisogna difendersi”.

Ogni giorno, sempre più persone commettono questo stupido errore, di confondere ZAR con SAR. Il “diverso” fa paura: ciò che non si conosce abbastanza non pare degno di immediata integrazione.

Questo tema così complesso e al tempo stesso paradossale, è stato d’ispirazione a molti letterati e artisti, che con le loro opere hanno cercato di esprimere la loro opinione.

Ad esempio Omero nell’Odissea dà un chiaro insegnamento su come ci si deve comportare nei confronti dello straniero: “bisogna prendersi cura di lui”. E così fece Nausicaa a differenza delle altre ancelle, che fuggirono ad dinanzi ad Ulisse stanco e provato. La stessa Bibbia insegna, o meglio, ricorda che tutti siamo stati stranieri in paesi che non erano nostri, e quindi è bene essere a proprio agio con colui che “non si conosce” e farlo sentire a casa.

Superare il pregiudizio che ostacola la mescolanza fra le razze e “sorridere al benvenuto dell’altro”, come disse Derek Walcott è l’obiettivo prioritario per far funzionare questo meccanismo corrotto in cui viviamo. Pirandello, in “Novelle per un anno”, esalta l’importanza del comportamento di Venerina, che di fronte allo straniero, pur non conoscendo la sua lingua, la sua razza e la sua religione, gli “apre la porta di casa”, e non solo in senso metaforico.
Elsa Morante, invece, descrive lo straniero come un soldato che, giunto in terre sconosciute, non instaura legami; tutti i suoi buoni propositi d’integrazione vengono distrutti dallo sguardo gelido e disumano di disapprovazione di una passante. Lo stesso tema viene ripreso ne “La sentinella” di Brown, che descrive il nemico (l’uomo, lo straniero, “il diverso”) come un essere strisciante e nauseabondo, alla cui vista il protagonista non si è mai abituato.

La discriminazione dello straniero non è in effetti un tema arcaico, che possiamo trovare solo in antichi testi, come spesso si vuol far credere: è una questione scomoda ancora irrisolta. Più ora che nel passato, quando ormai tutti i paesi sono diventati un crogiuolo di etnie, è aumentata la differenza e la paura “dell’altro”, soprattutto quando “l’altro” ha principi, credenze e origini diverse dalle nostre.

La convivenza, da cui bisognerebbe trarre solo tutti i benefici possibili, a volte rischia perciò di trasformare le persone come avvenne a Narciso, che dopo aver visto il suo riflesso nell’acqua se ne innamorò e rifiutò tutto ciò che lo circondava, dando importanza solo alla sua immagine.

È necessario vivere ed interagire con coloro che non conosciamo, per formarsi e conoscere i propri limiti. Non esistono più “Rossi Malpelo” diabolici, ma solo persone uguali ad ognuno di noi, che però ancora non conosciamo.