lunedì 9 maggio 2011

Bravissimi!

Complimenti per il  premio che avete vinto!
Ci raccontate per bene le fasi del lavoro, il processo e il prodotto? Siamo proprio orgogliosi del vostro risultato!

giovedì 5 maggio 2011

Shaqiri M. - I delitti contro l'umanità

Diritti e Violazioni

Da Babilonia all'impero persiano, dagli antichi filosofi greci alla evoluta Roma, dall'Inghilterra medievale all'Europa rinascimentale per poi arrivare alla fine della Seconda guerra mondiale con il convegno dell'ONU del 1948, l'uomo ha capito di avere dei diritti inalienabili e per tale motivo ha lottato affinché venissero riconosciuti da tutti.
La Storia, però, ha mostrato in più occasioni che tali diritti possono essere violati, mostrandoci discriminazioni e "democidii" (ovvero, secondo il neologismo coniato da R.J. Rummel, gli assassini di persone o genti da parte di un governo) come le Crociate, l'Inquisizione e la caccia alle streghe, lo sterminio dei nativi americani, il commercio triangolare nell'Oceano Atlantico e la tratta degli schiavi che, presi in Africa, venivano trasportati in condizioni estreme in America, per sfruttarli nelle piantagioni. Gli schiavi, in quanto semplici ''mezzi da lavoro'', venivano classificati e venduti e prezzo differente a seconda della loro prestanza fisica.
Sul piano dell'ingiustizia sociale, invece, in Europa, con la Rivoluzione industriale, era richiesta una sempre più numerosa manodopera. Gli operai venivano però pagati miseramente e fatti lavorare 12-14 ore al giorno in condizioni pessime e senza alcuna sicurezza,sfruttando le donne e il lavoro dei minori, che venivano pagati meno ed utilizzati nei lavori di precisione.
Il processo storico ha poi ancora dimostrato come l'uomo cerchi sempre nuovi metodi di sterminio. Il XX secolo è stato definito infatti "il secolo dei genocidi" ed è in genere considerato come un periodo in cui la violenza e lo sterminio di massa raggiunsero livelli senza precedenti. Il caso più conosciuto è stato il genocidio di circa 6 milioni di Ebrei da parte dei tedeschi, detto anche Shoah, ovvero la deportazione nei campi di concentramento e il genocidio della popolazione ebraica d'Europa da parte dei nazisti.
Stesso metodo fu adottato da Stalin,. che deportò in Siberia, nei campi di concentramento, i Kulaki, la classe di contadini indipendenti della Russia che avevano grandi appezzamenti di terra, e attuò una carestia pianificata in Ucraina per eliminare la popolazione che si era ribellata (strage chiamata anche Holodomor).
Esistono poi altri casi di genocidio meno conosciuti: ad esempio, in Jugoslavia, in Istria e Dalmazia in Cambogia, in Ruanda e in Iraq.
In Jugoslavia, durante la seconda guerra mondiale, il regime fascista croato organizzò degli stermini delle altre etnie che causarono circa mezzo milione di morti. Come reazione, alla fine della guerra, in Istria e Dalmazia, i territori prima italiani assegnati dagli alleati a Tito, si ebbe la tragedia delle foibe, fosse carsiche dove furono gettati i civili di etnia italiana sterminati dalle truppe di Tito: un evento fino a tempi recenti trascurato dagli storici.
In Cambogia il Partito Comunista dei Khmer Rossi sterminò circa 2 milioni di persone ritenuti ribelli o traditori attraverso carestie, lavori forzati ed esecuzioni.
La strage del Ruanda è forse il peggior genocidio africano della storia: nel 1994 il gruppo etnico degli Hutu, che rappresenta circa l'85% della popolazione, al potere dal 1959, ha quasi sterminato la minoranza Tutsi, odiati perché, durante il dominio coloniale del Belgio, era stata affermata la loro supremazia sugli Hutu.
Fu un conflitto caratterizzato da violenze e stermini con armi bianche, in particolare il machete, e le vittime oscillano tra gli 800 mila morti e 1 milione.
In Iraq, invece, sotto il regime di Sadam Hussain fu avvitata una politica di sterminio della minoranza Curda.
Violazioni dei diritti dell'uomo non sono però soltanto le violenze e gli stermini di interi popoli, ma anche di singole persone, come ''le ragazze acidificate''cioè sfigurate in volto con l'utilizzo di acido, oppure le operazioni militari come lo ''scudo umano'', in cui l'esercito utilizza la popolazione civile come scudo per poi attaccare il nemico. Si tratta sempre di crimini contro l'umanità, che vengono puniti dalla Corte Penale Internazionale.
Questo tribunale è un ente indipendente con sede all'Aia, che può intervenire solo se e solo quando gli Stati non vogliono o non possono agire per punire crimini internazionali.
La CPI è in vigore dal 2002, ma si ebbero in passato dapprima i tribunali militari di Norimberga e di Tokyo, con cui si condannarono i dirigenti nazisti colpevoli di genocidio e circa 6 mila cittadini per abusi sui prigionieri di guerra. Successivamente furono istituiti dei Tribunali ad hoc per il caso del Ruanda e la ex-Jugoslavia.
Attualmente sono stati conclusi 4 casi e sono in fase di analisi 8 casi.
E' di grande importanza questo organo perché dovrebbe garantire una sicurezza in più e una giusta punizione riguardo a questi gravi crimini.

4D - Una conferenza sui problemi africani

Una conferenza sui problemi africani, per essere informati e per reagire nel nostro piccolo.
“Non vedo, non sento, non parlo!”
Il colpo di Stato in Sudan, il genocidio in Ruanda e altri tragici eventi, per raccontare i conflitti che hanno marcato col sangue il continente africano

Il giorno 1 febbraio 2011, le classi quarte e quinte dell’indirizzo linguistico del nostro Istituto hanno partecipato ad una conferenza, tenuta dal Responsabile della sezione Africa del Max-Planck Institut di Friburgo per il diritto internazionale, il dott. Adome Blaise Kouassi.
L’intero incontro si è svolto in lingua francese, per la gioia di noi studenti, ma soprattutto degli insegnanti, con l’aiuto della professoressa Maria Raffaella Cornacchia che, con qualche breve intervento, ha permesso di seguire meglio l’esposizione.
Attraverso un riepilogo di ciò di cui si è discusso, il nostro intento principale è quello di farvi riflettere sui temi affrontati, di cui sfortunatamente si sente parlare troppo poco. Si è parlato della funzione del Tribunale Internazionale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in rapporto ai conflitti etnici africani, dei differenti tipi di crimine su queste autorità possono intervenire (con riferimento al colpo di Stato in Sudan del 19 settembre 2002 e al genocidio in Ruanda dal 6 aprile 1994), delle conseguenze della Conferenza di Berlino e dei conflitti tra Africani che sono nati dalla colonizzazione europea.
L’elemento comune di questi eventi è la violenza, da cui sono derivati veri e propri stermini di massa. Ma al di là di questo aspetto, che riscontriamo in tutti i rapporti di forza, vogliamo soffermarci sull’intervento europeo in Africa, che non fece che accrescere l’instabilità del continente.
Le ragioni dei colonizzatori francesi, inglesi, tedeschi, belgi, italiani, furono eminentemente economiche: perciò, visto che l’intento era arricchirsi e non pacificare le tensioni preesistenti tra le popolazioni africane, gli effetti furono disastrosi: il più grave, lo sviluppo di una politica di discriminazione condotta dai colonizzatori, che si riflesse poi nell’intolleranza reciproca tra le diverse etnie africane e che ebbe poi come ultimo sbocco le guerre civili. Ecco dunque che i nostri Paesi, che riteniamo moderni, forti e stabili, lo sono stati spesso alle spese dei popoli in cui hanno incrementato la rabbia e l’odio, la violenza, la sete di sangue.
D’altra parte, le notizie su questi fatti spesso non ci sono trasmesse in modo esauriente o corretto: è perciò molto importante che ciascuno di noi si informi autonomamente tramite giornali, telegiornali, siti web o altro, per sapere cosa accade nel mondo. Solo così potremo acquisire la coscienza necessaria per riflettere e farci un’idea nostra, per discutere cogli altri e magari trovare altri che pensano che bisogna cambiare le cose. Infatti, se si è in molti a voler far sentire la propria voce, è davvero possibile fare qualcosa per aiutare i Paesi del terzo mondo a superare i loro problemi: ma è innanzitutto essenziale far circolare la corretta informazione.

Amadori M. - Un’Europa spregiudicata

La guerra civile in Randa e le conseguenze della colonizzazione europea
Il caso del Ruanda è di certo la questione più difficile di cui si sta occupando la Corte Penale Internazionale, tribunale dell’ONU nato in seguito allo Statuto di Roma, che si occupa di giudicare crimini di importanza internazionale, e in particolare genocidi, crimini di guerra e contro l’umanità.
In Ruanda la guerra civile tra le etnie degli Hutu e dei Tutsi scoppiò negli anni Novanta, in seguito all’attentato del 1994 contro il presidente ruandese da parte di un gruppo di militari tutsi.
Tuttavia, le origini dell’odio etnico vanno fatte risalire alla fine del XIX secolo, quando, dopo la Conferenza di Berlino del 1884, l’Africa venne spartita tra le potenze europee, e il Ruanda passò sotto la dominazione tedesca e poi belga. Con la colonizzazione, i Tutsi e gli Hutu, che fino ad allora – seppur diversi per tradizioni – avevano sempre vissuto in armonia, entrarono in conflitto, poiché le potenze coloniali misero a capo di tutte le istituzioni ruandesi i Tutsi, che del Paese non erano che un’esigua minoranza. Per giustificare tale abuso, gli europei avanzarono la teoria razzista della superiorità dei Tutsi sugli Hutu tanto dal punto di vista fisico, quanto da quello intellettuale: uomini neri, insomma, ma con le qualità dei bianchi.
Per questo motivo la tensione tra le due etnie crebbe di continuo, senza contare che anche la Chiesa cattolica favoriva l’antagonismo, accogliendo nei seminari esclusivamente i Tutsi.
Il conflitto vero e proprio, però, cominciò al momento della decolonizzazione, negli anni ’50-’60, quando, con le elezioni, gli Hutu, che erano l’etnia numericamente più consistente, riconquistarono in Ruanda il potere, fino ad allora detenuto esclusivamente dai Tutsi. Di qui i massacri: nel 1959, nel 1962, nel 1967, nel 1972, fino alla tremenda guerra civile del 1994, che provocò oltre 800.000 morti tra la popolazione civile.
Per questo, il Tribunale Penale Internazionale con sede ad Arusha, in Tanzania, che sarà attivo fino al 2012, è stato chiamato ad occuparsi del caso ruandese, anche se nel suo giudizio paiono già mescolarsi interessi di parte d’origine politica. Ad esempio, è dato eclatante il fatto che, come per molti altri fatti di attualità africana, i mezzi di informazione assai poco abbiano parlato di questo genocidio e non abbiano mobilitato l’opinione pubblica, né abbiano informato gli europei delle loro responsabilità storiche rispetto agli odi che dividono le popolazioni africane.

L.Lanza - Energia: riflessioni per il 2011

In un mondo altamente progredito e tecnologico come il nostro l’energia è di vitale importanza; perciò i paesi che fruiscono di tale risorsa per caratteristiche geografiche e per la presenza di giacimenti di petrolio e metano, sono sicuramente assai avvantaggiati.
Questa ricchezza di fonti di energia era in passato spesso localizzata in paesi poco industrializzati e poco sviluppati, ed è evidente che il non essere in grado di utilizzare un bene è come non averlo. Al contrario, abbiamo assistito nell’ultimo decennio ad un enorme sviluppo dal punto di vista industriale ed economico di stati come la Cina e l’India, che si presentano come le nuove future superpotenze: essi sono infatti all’avanguardia nella ricerca e nello sfruttamento di fonti energetiche volte a favorirne ed accelerarne il progresso economico, anche se – sul piano di quello politico-sociale – ci sono spesso ancora forti differenze tra le varie classi sociali ed i diritti civili più elementari non vengono rispettati.
Per quanto riguarda l’Africa ed i paesi arabi, fortunati detentori del preziosissimo petrolio, il cosiddetto “oro nero”, essi sono l’ago della bilancia dell’economia mondiale, soprattutto per paesi come l’Italia che ne è completamente priva. Questi paesi, grazie alla presenza di giacimenti, hanno cominciato a prendere consapevolezza della loro forza politica ed economica nello scacchiere mondiale, anche se, per quanto riguarda il progresso dei diritti civili e sociali, sono piuttosto arretrati.
Questo 2011 si è tuttavia aperto con due episodi drammatici, assai diversi tra loro, ma che ci portano ugualmente a riflettere sul futuro delle riserve e delle risorse energetiche.
Infatti, si è accesa la miccia della rivolta nei paesi arabi del Mediterraneo: prima in Egitto, poi con la guerra in Libia e, infine, in questi giorni in Siria. Pur alla luce dei problemi di carattere morale e civile che ciò comporta, l’attenzione mondiale si focalizza sul problema economico, in quanto sono tutti paesi che vivono sull’estrazione e sulla vendita del petrolio. Dall’inevitabile riduzione della produzione di quest’ultimo deriveranno certo gravi conseguenze finanziarie ed economiche, e anche le nostre tasche risentiranno dell’aumento dei prezzi causato da questa crisi.
Il secondo importante avvenimento, verificatosi in marzo, è stato il terremoto-tsunami in Giappone, da cui è conseguita la parziale esplosione della centrale nucleare di Fukushima.
Dato che proprio quest’anno ricorre il 25° anniversario del disastro di Chernobyl, i cui effetti disastrosi si vedono ancora oggi, si pensava che nel corso di 25 anni si fosse fatto molto per la sicurezza nelle centrali nucleari: vedere però un paese così all’avanguardia dal punto di vista tecnologico come il Giappone messo in ginocchio e in crisi da una calamità naturale, ci porta a porci delle domande sulla corsa nucleare, argomento in Italia di un prossimo referendum .
Se il Giappone, che convive da sempre con i terremoti e ha saputo per il resto farvi pienamente fronte, non è stato in grado di limitare i danni sulla centrale nucleare, c’è infatti da domandarsi se è il caso che l’Italia si avvii su questa strada, pur senza nulla togliere alla preparazione e alla competenza dei nostri ricercatori.
Inoltre, legato alle centrali nucleari, c’è il problema dello smaltimento delle scorie, che è comune a tutto il mondo e che, non essendo ancora stato risolto, sarà una pesante eredità che lasceremo ai nostri figli e nipoti.
D’altra parte, se anche in Italia si dovesse rinunciare agli impianti nucleari, non bisogna però dimenticare che Francia, Germania, Svizzera e Austria ne possiedono di funzionanti: quindi tutta l’Europa e tutto il mondo dovrebbero cambiare atteggiamento e rivedere la propria politica energetica, indirizzandosi verso energie rinnovabili.
In particolare, in Italia dovremmo sfruttare il sole, l’acqua e il vento: e forse, se non è stato fatto finora, è perché ci sono interessi economici di pochi che vanno a scapito del bene di tutti.

Bernardinello G. - Gridare nel silenzio

Nessuno ne parla, nessuno sa.
Sono le guerre taciute, i genocidi nascosti al mondo, i massacri che non toccano l’interesse della gente. Quelli per cui non si perde né tempo né curiosità per saperne di più, quando invece, quelle persone, di cose ne hanno perse tante.
Sono molti, troppi da contare, gli esempi che si potrebbero prendere in considerazione per suscitare un minimo di interesse in coloro che forse non per la prima volta, ma quasi, ne sentono parlare.
In Costa d’Avorio, Africa occidentale, per esempio, la popolazione è drammaticamente in ginocchio da mesi. La causa? La sete di potere. Infatti, l’ostilità fra due presidenti, Gbabo e Ouattara, che con armi assassine credono di dimostrare la loro autorità, sta distruggendo ciò per cui stanno combattendo, il loro paese.
Del resto, non si deve dimenticare il genocidio del 1994 in Ruanda, Africa orientale, che è stato uno dei più sanguinosi della storia. Le divisioni etniche tra Hutu e Tutsi han fatto sì che questi due popoli si autoeliminassero a vicenda nel modo più feroce possibile. Ancora adesso le generazioni sopravvissute ne accusano i danni : migliaia di donne, vittime di stupri etnici, sono sieropositive e migliaia di bambini non hanno più una famiglia, una casa.
In territorio libico, Nord Africa, la situazione è analoga. I libici hanno tentato di far cadere il governo di Gheddafi e quest’ultimo , pur di non abdicare, ha cercato di imporre il proprio potere pagando a peso d’oro un esercito di mercenari stranieri perché bombardasse e sopprimesse i ribelli, la sua gente, il suo popolo.
In Costa d’Avorio e in Ruanda i mass media hanno dedicato miseri minuti di servizi televisivi per divulgare una notizia che meritava giorni di approfondimenti. Per quanto riguarda la situazione in Libia, invece, i telegiornali hanno trasmesso per settimane aggiornamenti minuto per minuto.
Ma perché tanta differenza?
Qui la risposta è una sola, triste e poco onorevole. Le più grandi potenze europee , come l’Italia, dipendono economicamente per quanto riguarda il petrolio ed il gas dalla Libia: anzi, è scorretto parlare di tutta la Libia, ma da Gheddafi soltanto. L’allarme di una possibile interruzione commerciale ha allarmato i potenti, del tutto dimentichi di coloro che stanno morendo per le scelte di un pazzo. I mass media hanno dovuto concentrarsi solo sul problema finanziario, distogliendo la gente da ciò che era realmente importante.
Tutto, dunque, ruota intorno all’interesse economico e politico, e si è perso il senso della centralità dell’uomo in quanto essere umano.
I mass media, in realtà, sembrano nati per ottundere le menti, non per aprirle come dovrebbero. Anzi, forse i mass media esistono proprio per alimentare questo circolo vizioso, capitanato da potenti egocentrici che senza ostacoli dettano legge. Essi non si fermano neanche davanti ai massacri, purché qualcuno continui a pagare il giro di giostra.
Il nome stesso “mass”, in fondo, non allude a qualcosa che rende l’uomo parte della massa e non individuo pensante?
Keane Fergal, nel suo libro Stagione di sangue, un reportage sul genocidio in Ruanda, ribadisce più volte l’inutilità e la scorrettezza dei mass media. Frase che dovrebbe far riflettere, è questa: “Generalmente, per la televisione, le notizie dall’Africa sono interessanti solo quando comportano un’esibizione di cadaveri: più è alto il mucchio, maggiore è la possibilità che da ogni parte del mondo si inviino, sia pure per breve tempo, corrispondenti e troupe televisive”.
Sembra insomma che i telegiornali abbiano lo stesso scopo dei reality: fare share, giocando sulla bestialità dell’uomo, sulla sua capacità di diffondere terrore. E sembra che il pubblico sia interessato unicamente a sapere fino a dove può arrivare la crudeltà: un interesse perverso che attira più telespettatori incollati allo schermo di quanto non ne attiri il sapere le cause dei massacri.
Siamo quindi più deboli dei mass media?
Evidentemente sì, ci sappiamo far plasmare da ciò che raccontano, ma soprattutto, da ciò che NON raccontano. Sottovalutiamo il fatto che il loro ruolo è uno dei più importanti: divulgare notizie internazionali per far sì che la gente sappia, si interessi, conosca ciò che succede al mondo, e non solo dietro l’angolo di casa propria.
In conclusione, se questi massacri avvengono e mai nessuno ne parla, in parte è anche colpa del disinteresse del pubblico mondiale. Questo alimenta sia l'ignoranza collettiva ed il continuo disimpegno verso ciò che accade ogni giorno dall’altra parte del mondo e che va ben oltre l’immaginabile, sia la nonchalance con cui si prendono decisioni autodistruttive, perché nessuno vi fa obbiezione.
Fermiamo allora questa corsa incontro al massacro con la corsa a saperne di più!