lunedì 5 dicembre 2011

Giulia Bernardinello - Diverso da chi?


La differenza che spaventa

La parola ebraica “ZAR” sta a significare “lo straniero che abita fuori dai confini di Israele”, verso il quale si nutre un senso di inimicizia. Un “buffo” gioco di parole in ebraico fa confondere “ZAR” con “SAR”. Quest’ultima parola significa invece “il nemico da cui bisogna difendersi”.

Ogni giorno, sempre più persone commettono questo stupido errore, di confondere ZAR con SAR. Il “diverso” fa paura: ciò che non si conosce abbastanza non pare degno di immediata integrazione.

Questo tema così complesso e al tempo stesso paradossale, è stato d’ispirazione a molti letterati e artisti, che con le loro opere hanno cercato di esprimere la loro opinione.

Ad esempio Omero nell’Odissea dà un chiaro insegnamento su come ci si deve comportare nei confronti dello straniero: “bisogna prendersi cura di lui”. E così fece Nausicaa a differenza delle altre ancelle, che fuggirono ad dinanzi ad Ulisse stanco e provato. La stessa Bibbia insegna, o meglio, ricorda che tutti siamo stati stranieri in paesi che non erano nostri, e quindi è bene essere a proprio agio con colui che “non si conosce” e farlo sentire a casa.

Superare il pregiudizio che ostacola la mescolanza fra le razze e “sorridere al benvenuto dell’altro”, come disse Derek Walcott è l’obiettivo prioritario per far funzionare questo meccanismo corrotto in cui viviamo. Pirandello, in “Novelle per un anno”, esalta l’importanza del comportamento di Venerina, che di fronte allo straniero, pur non conoscendo la sua lingua, la sua razza e la sua religione, gli “apre la porta di casa”, e non solo in senso metaforico.
Elsa Morante, invece, descrive lo straniero come un soldato che, giunto in terre sconosciute, non instaura legami; tutti i suoi buoni propositi d’integrazione vengono distrutti dallo sguardo gelido e disumano di disapprovazione di una passante. Lo stesso tema viene ripreso ne “La sentinella” di Brown, che descrive il nemico (l’uomo, lo straniero, “il diverso”) come un essere strisciante e nauseabondo, alla cui vista il protagonista non si è mai abituato.

La discriminazione dello straniero non è in effetti un tema arcaico, che possiamo trovare solo in antichi testi, come spesso si vuol far credere: è una questione scomoda ancora irrisolta. Più ora che nel passato, quando ormai tutti i paesi sono diventati un crogiuolo di etnie, è aumentata la differenza e la paura “dell’altro”, soprattutto quando “l’altro” ha principi, credenze e origini diverse dalle nostre.

La convivenza, da cui bisognerebbe trarre solo tutti i benefici possibili, a volte rischia perciò di trasformare le persone come avvenne a Narciso, che dopo aver visto il suo riflesso nell’acqua se ne innamorò e rifiutò tutto ciò che lo circondava, dando importanza solo alla sua immagine.

È necessario vivere ed interagire con coloro che non conosciamo, per formarsi e conoscere i propri limiti. Non esistono più “Rossi Malpelo” diabolici, ma solo persone uguali ad ognuno di noi, che però ancora non conosciamo.


lunedì 28 novembre 2011

SOFIA ALEXANDRA ARANCIOTTA - L’ Europa a lezione da Mazzini


In questi mesi l’Europa è stretta nella morsa di una crisi economica: i politici sono in balia delle banche, gli ideali si sgretolano, i cittadini hanno paura del futuro e i giovani diventano indignados.

Val forse la pena di accogliere il suggerimento del professor Conti scrive riguardo a Mazzini: “che sia giunto il momento dell’ inizio di un serio  studio del pensiero mazziniano, per il quale siano bandite la predica delle formule, la ripetizione delle frasi fatte, la retorica di inconcludenti cosiddetti cultori delle dottrine del Maestro, e siano seguite indicazioni e ispirazioni per un’azione feconda di tutti coloro i quali sono impegnati nella politica?

 È vero che ci si ferma a pensare a Mazzini filosofo, patriota, politico illuminista e romantico, ma non si arriva mai a porsi una domanda: come mai oggi nessun politico ricorda più il suo pensiero? Perché si è dimenticata la sua carica emotiva, la sua grande capacità di svegliare le coscienze e instillare in esse l’entusiasmo per nuovi principi?
Giuseppe Mazzini già nel 1805, vedendo gli “esuli carbonai in cerca d’asilo” aveva capito che bisognava “soccorrere quei poveri e santi precursori dell’avvenire italiano” e che si poteva e si doveva lottare per la libertà della Patria, e aveva indicato anche un nuovo metodo di lotta, che desse nuove e concrete risposte alle esigenze degli italiani.
Sottoponendosi ad una forte autocritica, Mazzini si era reso conto che era necessario puntare sui giovani che “sono il corpo della libertà, del progresso; sono accessibili all’entusiasmo e i germi cacciati sul terreno della gioventù fruttano di certo”. Aveva capito inoltre che “non vi sono cinque Italie, quattro Italie, tre Italie, non v’è che un’ Italia”, che il nostro paese deve rimanere unito, perché “la patria è come la vita: Dio ve la diede e gli uomini non possono rifarla. Dio creandola le assegnò per confine le Alpi e il mare”.Ma soprattutto, egli fece politica arricchendola di moralità, nonostante il suo laicismo e le sue idee illuministiche. Come scrive Don Luigi Sturzo, “non si può ricordare degnamente Mazzini senza mettere in rilievo il fondamento etico - religioso del suo pensiero politico, che tendeva a un laicismo che non fosse privo di spiritualità, e ad una politica che non mancasse di moralità.”

Dunque, secondo Mazzini, l’uomo diventa popolo con una missione specifica: conquistare la libertà, rispettando quella altrui e collaborando con gli altri popoli al progresso civile dell’umanità.
Un popolo va, però, educato attraverso una propaganda precisa, rivolta verso tutti i ceti sociali, e dandogli la consapevolezza dei propri diritti, ai quali corrispondono precisi doveri. Come Mazzini stesso scrisse, “
Noi non siamo Governo d'un partito, ma Governo della Nazione… Né intolleranza né debolezza.[…] La Nazione ha vinto…Il suo Governo deve avere la calma generosa e serena, e non deve conoscere gli abusi della vittoria. Inesorabile quanto al principio, tollerante e imparziale con gl’individui; né codardo né provocatore: tale deve essere un Governo per essere degno dell’istituzione repubblicana. Economia negli impieghi; moralità nella scelta degl’impiegati; capacità, accertata dovunque si può per concorso, messa a capo d’ogni ufficio, nella sfera amministrativa. Ordine e severità di verificazione e censura nella sfera finanziaria; limitazione di spese, guerra ad ogni prodigalità… Non guerra di classi
.”
È stata la prima volta, dopo le grandi rivoluzioni del ‘700, che un uomo politico ha chiamato in causa il popolo: il popolo doveva fare la rivoluzione; il popolo doveva ridiventare padrone del proprio destino. Aveva dunque senso cercare di realizzare storicamente un’ Italia libera, indipendente ed unitaria, perché il popolo potesse decidere di farne una repubblica democratica.
Infatti, il concetto romantico di "nazionalità" viene superato da Mazzini attraverso la concezione della Nazione come anello di congiunzione tra l’ individuo e l’ umanità: perciò, ogni uomo ha il compito di creare la propria nazione, così come ogni nazione ha quello di creare l’umanità, cioè un'entità coesa corrispondente all’ Europa.
L’ Europa delle nazioni che Mazzini aveva pensato,  la libertà e l’ uguaglianza fra ogni uomo, ideali utopistici  per quel tempo cosi difficili da realizzare, ancor oggi tuttavia ci sembrano lontani.
Mazzini aveva inserito il problema italiano nel più vasto problema della liberta per tutti i popoli, facendone una questione europea: oggi però, apparentemente nessun governo ha voglia di vedere veramente realizzati questi principi.

La frase “è urgente l’ agire più che il discutere” diventa così oggi di vitale importanza, perché possa avvenire quello che  Mazzini aveva auspicato: “quando i singoli avranno compiuto in armonia le loro missioni, sparirà la parola straniero e l’ uomo saluterà l’uomo, da qualunque parte gli si muoverà incontro, col dolce nome fratello”.


Luca Lanza - Second Life e pizza virtuale?


La nascita di Internet segna un momento importante nella storia dell’ umanità, poiché sono state azzerate tutte le distanze: per esempio, possiamo parlare tranquillamente da Bologna con l’Australia.
Ma l'effetto non si è fermato a questo. Infatti, Internet, nato come strumento di ricerca, in breve ha aggiunto nuove funzioni, come i “social network”(ad esempio Facebook) e i canali di condivisione-video (il ben noto YouTube). Così, le persone hanno imparato a conoscersi meglio anche grazie alle cosiddette “community”, punto di incontro e di discussione sugli argomenti più disparati: dalla cucina alla politica e dalla musica all’arte.
Internet, inoltre, offre un’occasione in più: quella di vivere un seconda vita fittizia, ove coronare tutti i nostri sogni assumendo perfino una nuova identità: questo è  il caso di “Second Life”, un vero e proprio universo virtuale in cui non ci sono né regole né limiti, e ogni cosa è frutto dell’immaginazione dei suoi "abitanti". Questo mondo virtuale ha avuto un grande successo presso impiegati, studenti, casalinghe, pensionati: insomma, soprattutto presso le persone insoddisfatte della loro esistenza e disposte a vivere una vita parallela. Talvolta, però, accade che questa vita immaginaria si sostituisca a quella reale, a tal punto che i frequentatori perdono il contatto con il mondo che li circonda. “Second Life”, originariamente, era nato come gioco di ruolo, ma rapidamente per molti ha preso il posto della vita di tutti i giorni. Questi appassionati si fanno attrarre a tal punto dal gioco, che finiscono per ritenere reale ciò che è fittizio e viceversa, con conseguenze disastrose sul piano sociale e familiare: questo è il caso raccontato dal quotidiano “Daily Mail”, di una coppia inglese di appassionati di community, a tal punto che trascorrevano più tempo su Internet che in famiglia; ciò ha portato la donna a scoprire che il marito aveva una relazione con un’altra donna nella community. Per farla breve, la coppia si è separata realmente e non per finta, e questo fatto ha contribuito a evidenziare la mancanza di sentimenti sinceri tra i due, rischio che può colpire appunto chi esagera con questo tipo di gioco.
La peggiore delle ipotesi è però quella in cui il mondo virtuale prende il controllo totale della vita dell’uomo, ed è descritta nella celebre trilogia di “Matrix”, film di fantascienza che ha come protagonista  Neo (Keanu Reeves), che scopre che le macchine fanno vivere gli uomini in una completa illusione, allo scopo di addestrarli a produrre quell’energia di cui le macchine stesse hanno bisogno.
Un recente fenomeno, nato in Giappone e poi propagatosi su YouTube, è quello di Hatsune Miku (letteralmente “prima voce del futuro”), cantante che balla e incita la platea, ma non è altro che un ologramma. In realtà, qualcosa di vero c’è: la voce di Hatsune appartiene ad una doppiatrice giapponese, ma è stata modificata dal programma Vocaloid, prodotto dalla Yamaha. Hatsune ha avuto così tanto successo, da tenere un concerto all’Anime Expo di Los Angeles lo scorso luglio.

In un mondo in cui la crisi economica ha spazzato via certezze e sicurezze, in cui in poco tempo sono venuti a mancare due grandi della musica come Michael Jackson e Amy Winehouse , fa riflettere che i ragazzi si esaltino per una cantante che non esiste e che nessuno potrà abbracciare. Con la creazione di questo personaggio, le macchine hanno forse cominciato a porre il primo mattone di una realtà immaginaria, che ci soddisfa più di quella vera?
Arriveremo forse al punto in cui  mangeremo una squisita  pizza virtuale che ci sazierà e che non ci farà ingrassare? Ai posteri l’ardua sentenza!



La nascita di Internet segna un momento importante nella

storia dell’ umanità , poiché’ sono state azzerate tutte le

distanze: per esempio, possiamo parlare tranquillamente ,da Bologna, parlarecon l’Australia; m.

Ma l'effetto non si è fermato a questo.

Infatti, Internet, nato come strumento di ricerca, in breve ha

aggiunto nuove funzioni, come i “social network”

(come ad esempio, Facebook) e i canali di condivisione condivisione-video come (il ben

noto YouTube); ma Internet è ancora di più. Grazie ad essoCosì, le

persone hanno imparato a conoscersi meglio anche grazie alle

cosiddette “community” , punto di incontro e di discussione sugli

argomenti più disparati: dalla cucina alla politica e dalla musica all’arte.

Internet , inoltre, offre un’occasione in più: quella di vivere un seconda

vita fittizia, ove coronare tutti i nostri sogni assumendo perfino una nuova

identità: questo è  il caso di “Second Life”, un vero e proprio

universo virtuale in cui non ci sono ne’ regole ne’ limiti, e ogni cosa

è frutto dell’immaginazione dei suoi "abitanti".

Questo mondo virtuale ha avuto un grande successo presso impiegati, studenti,

casalinghe, pensionati, : insomma, soprattutto presso le persone insoddisfatte delle della loro esistenzeesistenza

 e disposti disposte a vivere una vita parallela; t. Talvolta, però, accade che questa vita

immaginaria si sostituisca a quella reale, a tal punto che i frequentatori

perdono il contatto con il mondo che li circonda.

“Second Life”, originariamente, nacque era nato come gioco di ruolo, ma rapidamente per molti ha preso

il posto della vita di tutti i giorni. Questi appassionati si fanno prendere

a tal punto la mano dal gioco, che finiscono per ritenere reale ciò che è

finto fittizio e viceversa, con conseguenze disastrose sul piano sociale e familiare:

questo è il caso raccontato dal quotidiano “Daily Mail”, di una coppia

inglese di entrambi appassionati di community, a tal punto che trascorrevano più tempo su

Internet che in famiglia; ciò ha portato la donna a scoprire che il marito

aveva una relazione con un’altra donna nella community. Per farla in breve,

la coppia si è separata realmente e non per finta, e questo fatto ha contribuito

a evidenziare la mancanza di sentimento sentimenti sinceri tra i due, rischio che può colpire appunto

chi esagera con questo tipo di gioco.

La peggiore delle ipotesi è però quella in cui il mondo virtuale prende il

controllo totale della vita dell’uomo , ed è descritta nella celebre trilogia di

“Matrix”, film di fantascienza che ha come protagonista  Neo

(Keanu Reeves), che scopre che in cui le macchine fanno vivere gli uomini in una completa illusione ,

il cuiallo scopo è di addestrarli a produrre quell’energia di cui le macchine stesse

hanno bisogno.

Un recente fenomeno, nato in Giappone e poi propagatosi su YouTube, è

quello di Hatsune Miku (letteralmente “prima voce del futuro”), cantante

che balla e incita la platea, ma non è altro che un ologramma. In realtà,

qualcosa di vero c’è: la voce di Hatsune appartiene ad una doppiatrice

giapponese, che ma è stata modificata dal programma Vocaloid, prodotto

dalla Yamaha. Hatsune ha avuto così tanto successo, da tenere un concerto

all’Anime Expo di Los Angeles lo scorso luglio.

In un mondo in cui la crisi economica ha spazzato via certezze e sicurezze,

in cui in poco tempo sono venuti a mancare due grandi della musica come

Michael Jackson e Amy Winehouse , fa riflettere che i ragazzi si esaltino

per una cantante che non esiste e che nessuno potrà  abbracciare.

Con la creazione di questo personaggio, le macchine hanno forse

cominciato a porre il primo mattone di una realtà immaginaria, che

ci soddisfa più di quella vera? Arriveremo forse al punto in

cui  mangeremo una squisita  pizza virtuale che ci sazierà e che non

ci farà ingrassare? Ai posteri l’ardua sentenza!

venerdì 25 novembre 2011

ELISA CAMASSI - “Ci stanno circondando!”


“Ci stanno circondando!”

-non vi preoccupate, parlavo delle nuove tecnologie-



Un collettivo è un assemblea organizzata da più persone in cui si discute di un progetto o di una problematica sociale. A Bologna i due principali collettivi studentieschi sono il CSMB (Coordinamento Studenti Medi Bolognesi) e il CAS (Collettivo Autonomo Studentesco).

Qualche giorno fa, sono stata invitata tramite Facebook ad un collettivo studentesco di Libera Terra (associazione nazionale coinvolta nella lotta alle mafie).

A questa assemblea organizzata tramite Facebook, ormai il social network più famoso ed utilizzato dai giovani d’oggi, si sono presentati in più di venticinque studenti da diverse scuole bolognesi, con l’idea di formare e di inserire un gruppo di Libera all’interno di ogni istituto e di portare avanti una campagna di informazione e di lotta alle mafie attraverso vari progetti digitali e non.

Il primo problema che ci siamo posti è stato il come “attrarre” le persone, come far conoscere questo progetto e come invogliarle a partecipare.

“Se avete intenzione di vivere nella società, in questa epoca e in questo posto, dovrete fare i conti con la società in rete. Perché viviamo nella Galassia Internet”, ecco cosa dice Castells a proposito delle nuove tecnologie (o new media, cioè i nuovi mezzi di comunicazione di massa). E tutto ciò è assolutamente vero! Le persone ormai vivono su internet, che oggigiorno contiene di tutto.

Al collettivo abbiamo pensato proprio a questo: creare Blog e pagine Facebook con video e documenti sulla lotta che vogliamo sostenere e sulle idee e le iniziative che vogliamo portare avanti sul nostro territorio. Perché è questo il metodo più semplice e più veloce per far conoscere questo tipo di progetti al giorno d’oggi, in cui sono circa 2 miliardi i cybernauti presenti in tutto il mondo.

Lo confermano le conquiste degli Indignados, un gruppo studentesco che è partito dalla Spagna ed ha conquistato tutta l'Europa, e che si è organizzato tramite Internet accumulando sempre più sostenitori, o i vari Flash Mob che si sono tenuti negli ultimi anni, tutti organizzati online.

Pertanto, è evidente che i “famosi” New Media, Internet e Social Network - ormai non si parla d’altro - non sono solo fonte di distruzione del nostro pensiero critico e di informazione superficiale.

Internet è, anzi, una rete di computer mondiale che ospita un’enorme quantità di informazioni e che collega l’intero pianeta. Possiamo trovarci di tutto: notizie mondiali aggiornate in tempo reale e, se inseriamo una qualsiasi parola sul principale motore di ricerca di Internet, questo farà apparire più di un milione di pagine con quella parola, nella nostra lingua: anzi, se sbagliamo a scriverla, ce la corregge anche.

Se invece vogliamo contattare una persona, anche a distanza di migliaia di chilometri, lo possiamo fare benissimo tramite mail o tramite un social network: solo, attenti al fuso orario!

Tuttavia, ho ormai letto troppi articoli che criticano questi nuovi mezzi di comunicazione: paura di cambiamento? Forse.

Ma ciò è lecito se pensiamo alla pericolosità dello scambio di dati online e a come Internet possa controllare le nostre vite, come il famoso teleschermo del Grande Fratello di 1984 di Orwell.

“Oggi con la tecnologia cellulare è possibile controllare chiunque, sapere con chi parla, dove si trova, come si sposta. […] Ecco, questo è il grande pericolo insito nella tecnologia, quello di creare un grande occhio che seppellisca l'uomo e la sua creatività sotto il suo controllo”, dice D. De Kerckhove nel suo intervento tenutosi al Convegno Internazionale “Professione Giornalista: Nuovi Media, Nuova Informazione”, dove espone la sua perplessità sulle tecnologie, così avanzate da permettere di riconoscere dove ci troviamo e di scambiare dati privati senza la sicurezza adeguata. Di qui le numerose critiche a Facebook sullo scarso controllo della privacy dei propri membri.

Ma in fin dei conti, ha ora senso discutere se siano giusti o sbagliati i social network? Non sono forse solo un'evoluzione dei mezzi di comunicazione, come ce ne sono state e come ce ne saranno in futuro?

Sicuramente non bisogna abusarne, ma essi sono anche necessari per stare al passo con i tempi, sempre più folli, frenetici e su larga scala.

ELENA BENINCASA - Mazzini e gli studenti di oggi: prima l’unità poi la democrazia


In questo clima di manifestazioni, proteste e occupazioni che sembrano non ottenere alcun successo facciamo appello all’emblema della lotta per la democrazia: Giuseppe Mazzini

Bologna, 11/11/2011. Mi trovo in via Ugo Bassi: i ragazzi marciano verso il centro della città, la polizia circonda il fiume di studenti che si riversa in Piazza Maggiore, i cittadini curiosi si affacciano al balcone e osservano. Si sentono i soliti cori, i soliti insulti (spesso fuori tema rispetto alle ragioni della manifestazione) contro i politici, le solite canzoni reggae che ti rimbombano nelle orecchie frastornandoti. Corrispondiamo esattamente alla descrizione di folla del filosofo danese Kierkegaard: un gruppo di persone protese al conformismo, dove il singolo perde la propria identità. In pratica, se il mio vicino comincia a urlare parolacce a caso, io a mia volta lo imito e così via per tutti i presenti.

Come se non bastasse, ad ogni corteo sono presenti gruppi giovanili dei più diversi partiti politici, spesso radicali, che sventolano le proprie bandiere e i propri striscioni aumentando il senso di confusione tanto negli altri manifestanti, quanto in coloro che  seguono l’evento dall’esterno. Non c’è ragione per cui ad una manifestazione in cui si protesta per un diritto comune a tutti noi giovani venga reso noto il pensiero politico; soprattutto perché è accaduto in più occasioni che ragazzi appartenenti a diversi partiti politici abbiano dato il via a risse, gli uni contro gli altri, durante la protesta stessa. Una corteo studentesco non può trasformarsi in una sorta di guerra tra partiti. Siamo una nazione frammentata al suo interno, divisa in gruppi e correnti di pensiero troppo radicali per poter ottenere dei risultati. Non si può pensare di non voler manifestare con il ragazzo un po’ "sfattone" e trasandato perché è certamente un anarchico, o con il giovane elegante e "firmato", perché è quasi sicuramente di destra. E’ triste da ammettere, ma è questo ciò che noi giovani pensiamo considerando solo l’apparenza dei nostri coetanei, e sono queste idee così superficiali e arretrate che ci impediscono di essere un gruppo unito durante le proteste.

Quella di oggi è la seconda delle  manifestazioni studentesche avvenute dall’inizio dell’anno scolastico a Bologna. Lo svolgimento dell’evento è identico alla volta scorsa. La cosa più sconfortante, che si sperava non sarebbe più accaduta, soprattutto perché tra l’una e l’altra c’è stato l’episodio romano, è la piega violenta che il corteo ha preso. Uova e mele scagliate contro le vetrate delle banche, sfondamento di negozi e molto altro sono la traccia che abbiamo lasciato, e stiamo lasciando di noi negli articoli di giornale, nei notiziari, ma soprattutto nelle menti dei cittadini.

Quest’ultimo corteo è solo il prologo della commedia, perché ormai di questo si tratta, che stiamo per mettere in scena. Novembre è sinonimo di occupazione, a prescindere dalla presenza  di buone e reali motivazioni per volerla compiere. Dopo anni di brevi e inconcludenti occupazioni delle scuole superiori bolognesi, dall’esterno ma anche dall’interno (perché molti studenti, ormai, sono contro questa ricorrenza) si comincia a dubitare della serietà con cui noi giovani scegliamo di bloccare le lezioni in segno di protesta. Le ragioni per dire BASTA sono molteplici: prima di tutto, come si è detto, si tratta di un cliché, nonché di un pretesto dei media per beffarsi di noi (come fece il "Resto del Carlino" due anni fa). Il resto della popolazione, i nostri spettatori, sono stanchi di assistere allo stesso spettacolo ogni autunno: è giunto il momento di cambiare copione!  In secondo luogo, è democrazia che chiediamo, ma siamo noi i primi a non rispettarne i termini: l’occupazione è infatti illegale. Certo in passato è stata fondamentale per le proteste studentesche, ma oggi ha perso completamente il suo significato, divenendo vaga contestazione delle leggi dello Stato. Ciò nonostante continuiamo a considerarla la nostra unica fonte di protesta a lungo termine. Inoltre, proprio perché non è legale e i cittadini hanno già un’immagine fissa (rigorosamente negativa) stampata nella mente, non otterremo mai appoggio dall’ esterno. Per concludere, occupando le scuole, creiamo automaticamente una barriera tra noi e i professori, che sentono al pari nostro le ingiustizie che vengono compiute, anche se noi non ce ne rendiamo conto. Sarebbe molto più utile scegliere di cooperare.

I tagli ai fondi della scuola pubblica e alle ore di lezione, l’inarrestabile precarietà dei docenti e via dicendo sono tutte valide motivazioni per cui far sentire la nostra voce. Se c’è una base solida da cui partire cadiamo, però, in fallo nel metodo con cui scegliamo di protestare.

Proprio negli ultimi giorni, in sintonia con questo tema scottante, abbiamo introdotto il personaggio e gli ideali di Giuseppe Mazzini. E’ lui stesso, simbolo consacrato della lotta per la democrazia, ad affermare che devono essere bandite le formule, le ripetizioni delle frasi fatte e siano seguite indicazioni e ispirazioni per un’azione feconda di tutti coloro impegnati nel movimento sociale. Come lui se ne rese conto all’epoca delle fallite insurrezioni per l’unità d’Italia, noi giovani dobbiamo farlo oggi e cercare un metodo alternativo veramente efficace. Mazzini comprese che alle buone intenzioni dei suoi predecessori mancava qualcosa: l’estensione all’Italia intera degli ideali rivoluzionari e patriottici, ed è proprio ciò che lui tentò di fare. L’obbiettivo era di rendere il nostro Paese, diviso in culture e tradizioni, un unico insieme con gli stessi desideri. Questo obbiettivo deve diventare anche il nostro, per riuscire a superare la frammentazione e unirci per uno scopo condiviso. La democrazia è il fine ultimo, e per essere certi di conquistarla è fondamentale capire che cos’è. Nei Pensieri sulla Democrazia in Europa, Mazzini la descrive in due sole parole: Diritti e Doveri. Coloro che la perseguono devono essere legati da una comune identità, devono avere alle spalle una buona educazione (si parla della formazione della coscienza e del pensiero), devono avere maturità e chiarezza nei propri obbiettivi. Importante è il miglioramento materiale, la volontà di frenare qualunque egoismo.  

Riflettiamo sulle parole di Mazzini per riscattare l’immagine negativa che ci siamo procurati negli ultimi anni agli occhi di chi ci circonda. Per una volta, traiamo spunto dai passi avanti compiuti nel passato per migliorare il nostro presente e garantirci un futuro sicuro.

Non resta che dire «meditate meditate e ancora meditate» su tutto ciò prima del CS (consiglio studentesco) pomeridiano che si terrà martedì 15 novembre in Palestra grande alle 14.30 e venite carichi di proposte  e iniziative per decidere insieme sul da farsi delle prossime settimane.

Vi aspettiamo



Elena Benincasa

venerdì 16 settembre 2011

Benincasa- Il futuro dell'Oceania

La Gazzetta del Partito 
14/03/1984 



L’ascesa al potere del nostro continente è prossima a compiersi grazie ad un nuovo sistema di controllo mondiale che garantirà piena sicurezza al Paese


Google Earth: il futuro dell’Oceania 



Compagni, oggi 14/03/1984 siamo orgogliosi di annunciarvi che il Ministero dell’Amore ha finalmente decretato la sostituzione dei teleschermi dell’intera Oceania con Google Earth, un nuovo sistema di satelliti posizionati lungo l’orbita terrestre in grado di controllare tutto ciò che avviene nel mondo, in qualsiasi luogo a qualsiasi ora. Il brevetto è stato realizzato nella capitale dall’astrofisico Mark Reynolds con l’aiuto di membri scelti del team di Google, l’emergente e presto più potente società virtuale del continente.
Il lancio del progetto è avvenuto quattro anni fa, quando le statistiche hanno registrano un incremento del 12% del tasso di psicoreati. Di fronte a questi dati il MINAMOR è intervenuto tempestivamente mettendo all’opera i migliori ricercatori di cui l’Oceania dispone, col fine di creare un più efficace metodo di controllo di massa. Ecco che gli arretrati e ormai poco sicuri teleschermi saranno presto rimossi da tutte le abitazioni, le piazze e i posti di lavoro. Nel giro di un mese l’operazione sarà portata a termine, escludendo i quartieri dei prolet, in cui i pannelli verranno scollegati non prima di un anno.
Grazie a Google Earth l’Oceania si dimostra in grande vantaggio rispetto alle vicine Eurasia ed Estasia, in quanto questa nuova macchina possiede strumenti di visualizzazione 3D che veicolano le informazioni geografiche di tutto il Globo. In sostanza, questa avanzata tecnologia prevede la generazione di immagini virtuali della Terra usando immagini satellitari , fotografie aeree e dati topografici di qualsiasi parte del mondo. Tramite tali immagini virtuali vengono poi definiti i gli aspetti del luogo fotografato: le condizioni metereologiche , la morfologia del paesaggio e, se necessario, l’identità dei soggetti presenti nell’immagine.
Al contrario dei passati teleschermi, questo sistema garantisce la supervisione della popolazione 24 ore su 24: anche durante le ore di buio Google Earth monitorerà le nostre case, cosicché non sarà più necessario stare di guarda durante la notte per scovare i traditori del partito, che si rivelano nel sonno.
Inoltre, mentre i teleschermi erano solamente in grado di recepire l’apparenza degli individui, la nuova strumentazione riesce a captarne anche gli stati d’animo e le emozioni. In questo modo sarà più semplice controllare i soggetti sospetti, che fino ad ora sono riusciti a mascherare la propria eterodossia.
Il Ministero della Pace si ritiene orgoglioso di questo cambiamento, certo che la psicopolizia d’ora in poi potrà compiere un lavoro infallibile, supportata dal grande occhio di Google Earth. Lo stesso ministero ha affermato che l’imminente guerra con l’Estasia vedrà la definitiva sconfitta e sottomissione di quest’ultima, in quanto il nuovo sistema ci renderà la prima potenza mondiale.
La resa dell’Estasia avrà luogo durante la penetrazione in Cina da parte dei nostri soldati e delle forze armate alleate dell’Eurasia. Il nemico, infatti, si attendeva un attacco all’isola del Giappone, ma non sarà in grado di sostenere il combattimento in territorio cinese. La vittoria assoluta è garantita. Non vi saranno più strategie militari che non saremo in grado di prevenire, attentati che non potremo sventare: saremo la più grande potenza della storia dell’uomo, il cui futuro comincia ora, con Google Earth.
Ministero della Verità

lunedì 9 maggio 2011

Bravissimi!

Complimenti per il  premio che avete vinto!
Ci raccontate per bene le fasi del lavoro, il processo e il prodotto? Siamo proprio orgogliosi del vostro risultato!

giovedì 5 maggio 2011

Shaqiri M. - I delitti contro l'umanità

Diritti e Violazioni

Da Babilonia all'impero persiano, dagli antichi filosofi greci alla evoluta Roma, dall'Inghilterra medievale all'Europa rinascimentale per poi arrivare alla fine della Seconda guerra mondiale con il convegno dell'ONU del 1948, l'uomo ha capito di avere dei diritti inalienabili e per tale motivo ha lottato affinché venissero riconosciuti da tutti.
La Storia, però, ha mostrato in più occasioni che tali diritti possono essere violati, mostrandoci discriminazioni e "democidii" (ovvero, secondo il neologismo coniato da R.J. Rummel, gli assassini di persone o genti da parte di un governo) come le Crociate, l'Inquisizione e la caccia alle streghe, lo sterminio dei nativi americani, il commercio triangolare nell'Oceano Atlantico e la tratta degli schiavi che, presi in Africa, venivano trasportati in condizioni estreme in America, per sfruttarli nelle piantagioni. Gli schiavi, in quanto semplici ''mezzi da lavoro'', venivano classificati e venduti e prezzo differente a seconda della loro prestanza fisica.
Sul piano dell'ingiustizia sociale, invece, in Europa, con la Rivoluzione industriale, era richiesta una sempre più numerosa manodopera. Gli operai venivano però pagati miseramente e fatti lavorare 12-14 ore al giorno in condizioni pessime e senza alcuna sicurezza,sfruttando le donne e il lavoro dei minori, che venivano pagati meno ed utilizzati nei lavori di precisione.
Il processo storico ha poi ancora dimostrato come l'uomo cerchi sempre nuovi metodi di sterminio. Il XX secolo è stato definito infatti "il secolo dei genocidi" ed è in genere considerato come un periodo in cui la violenza e lo sterminio di massa raggiunsero livelli senza precedenti. Il caso più conosciuto è stato il genocidio di circa 6 milioni di Ebrei da parte dei tedeschi, detto anche Shoah, ovvero la deportazione nei campi di concentramento e il genocidio della popolazione ebraica d'Europa da parte dei nazisti.
Stesso metodo fu adottato da Stalin,. che deportò in Siberia, nei campi di concentramento, i Kulaki, la classe di contadini indipendenti della Russia che avevano grandi appezzamenti di terra, e attuò una carestia pianificata in Ucraina per eliminare la popolazione che si era ribellata (strage chiamata anche Holodomor).
Esistono poi altri casi di genocidio meno conosciuti: ad esempio, in Jugoslavia, in Istria e Dalmazia in Cambogia, in Ruanda e in Iraq.
In Jugoslavia, durante la seconda guerra mondiale, il regime fascista croato organizzò degli stermini delle altre etnie che causarono circa mezzo milione di morti. Come reazione, alla fine della guerra, in Istria e Dalmazia, i territori prima italiani assegnati dagli alleati a Tito, si ebbe la tragedia delle foibe, fosse carsiche dove furono gettati i civili di etnia italiana sterminati dalle truppe di Tito: un evento fino a tempi recenti trascurato dagli storici.
In Cambogia il Partito Comunista dei Khmer Rossi sterminò circa 2 milioni di persone ritenuti ribelli o traditori attraverso carestie, lavori forzati ed esecuzioni.
La strage del Ruanda è forse il peggior genocidio africano della storia: nel 1994 il gruppo etnico degli Hutu, che rappresenta circa l'85% della popolazione, al potere dal 1959, ha quasi sterminato la minoranza Tutsi, odiati perché, durante il dominio coloniale del Belgio, era stata affermata la loro supremazia sugli Hutu.
Fu un conflitto caratterizzato da violenze e stermini con armi bianche, in particolare il machete, e le vittime oscillano tra gli 800 mila morti e 1 milione.
In Iraq, invece, sotto il regime di Sadam Hussain fu avvitata una politica di sterminio della minoranza Curda.
Violazioni dei diritti dell'uomo non sono però soltanto le violenze e gli stermini di interi popoli, ma anche di singole persone, come ''le ragazze acidificate''cioè sfigurate in volto con l'utilizzo di acido, oppure le operazioni militari come lo ''scudo umano'', in cui l'esercito utilizza la popolazione civile come scudo per poi attaccare il nemico. Si tratta sempre di crimini contro l'umanità, che vengono puniti dalla Corte Penale Internazionale.
Questo tribunale è un ente indipendente con sede all'Aia, che può intervenire solo se e solo quando gli Stati non vogliono o non possono agire per punire crimini internazionali.
La CPI è in vigore dal 2002, ma si ebbero in passato dapprima i tribunali militari di Norimberga e di Tokyo, con cui si condannarono i dirigenti nazisti colpevoli di genocidio e circa 6 mila cittadini per abusi sui prigionieri di guerra. Successivamente furono istituiti dei Tribunali ad hoc per il caso del Ruanda e la ex-Jugoslavia.
Attualmente sono stati conclusi 4 casi e sono in fase di analisi 8 casi.
E' di grande importanza questo organo perché dovrebbe garantire una sicurezza in più e una giusta punizione riguardo a questi gravi crimini.

4D - Una conferenza sui problemi africani

Una conferenza sui problemi africani, per essere informati e per reagire nel nostro piccolo.
“Non vedo, non sento, non parlo!”
Il colpo di Stato in Sudan, il genocidio in Ruanda e altri tragici eventi, per raccontare i conflitti che hanno marcato col sangue il continente africano

Il giorno 1 febbraio 2011, le classi quarte e quinte dell’indirizzo linguistico del nostro Istituto hanno partecipato ad una conferenza, tenuta dal Responsabile della sezione Africa del Max-Planck Institut di Friburgo per il diritto internazionale, il dott. Adome Blaise Kouassi.
L’intero incontro si è svolto in lingua francese, per la gioia di noi studenti, ma soprattutto degli insegnanti, con l’aiuto della professoressa Maria Raffaella Cornacchia che, con qualche breve intervento, ha permesso di seguire meglio l’esposizione.
Attraverso un riepilogo di ciò di cui si è discusso, il nostro intento principale è quello di farvi riflettere sui temi affrontati, di cui sfortunatamente si sente parlare troppo poco. Si è parlato della funzione del Tribunale Internazionale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in rapporto ai conflitti etnici africani, dei differenti tipi di crimine su queste autorità possono intervenire (con riferimento al colpo di Stato in Sudan del 19 settembre 2002 e al genocidio in Ruanda dal 6 aprile 1994), delle conseguenze della Conferenza di Berlino e dei conflitti tra Africani che sono nati dalla colonizzazione europea.
L’elemento comune di questi eventi è la violenza, da cui sono derivati veri e propri stermini di massa. Ma al di là di questo aspetto, che riscontriamo in tutti i rapporti di forza, vogliamo soffermarci sull’intervento europeo in Africa, che non fece che accrescere l’instabilità del continente.
Le ragioni dei colonizzatori francesi, inglesi, tedeschi, belgi, italiani, furono eminentemente economiche: perciò, visto che l’intento era arricchirsi e non pacificare le tensioni preesistenti tra le popolazioni africane, gli effetti furono disastrosi: il più grave, lo sviluppo di una politica di discriminazione condotta dai colonizzatori, che si riflesse poi nell’intolleranza reciproca tra le diverse etnie africane e che ebbe poi come ultimo sbocco le guerre civili. Ecco dunque che i nostri Paesi, che riteniamo moderni, forti e stabili, lo sono stati spesso alle spese dei popoli in cui hanno incrementato la rabbia e l’odio, la violenza, la sete di sangue.
D’altra parte, le notizie su questi fatti spesso non ci sono trasmesse in modo esauriente o corretto: è perciò molto importante che ciascuno di noi si informi autonomamente tramite giornali, telegiornali, siti web o altro, per sapere cosa accade nel mondo. Solo così potremo acquisire la coscienza necessaria per riflettere e farci un’idea nostra, per discutere cogli altri e magari trovare altri che pensano che bisogna cambiare le cose. Infatti, se si è in molti a voler far sentire la propria voce, è davvero possibile fare qualcosa per aiutare i Paesi del terzo mondo a superare i loro problemi: ma è innanzitutto essenziale far circolare la corretta informazione.

Amadori M. - Un’Europa spregiudicata

La guerra civile in Randa e le conseguenze della colonizzazione europea
Il caso del Ruanda è di certo la questione più difficile di cui si sta occupando la Corte Penale Internazionale, tribunale dell’ONU nato in seguito allo Statuto di Roma, che si occupa di giudicare crimini di importanza internazionale, e in particolare genocidi, crimini di guerra e contro l’umanità.
In Ruanda la guerra civile tra le etnie degli Hutu e dei Tutsi scoppiò negli anni Novanta, in seguito all’attentato del 1994 contro il presidente ruandese da parte di un gruppo di militari tutsi.
Tuttavia, le origini dell’odio etnico vanno fatte risalire alla fine del XIX secolo, quando, dopo la Conferenza di Berlino del 1884, l’Africa venne spartita tra le potenze europee, e il Ruanda passò sotto la dominazione tedesca e poi belga. Con la colonizzazione, i Tutsi e gli Hutu, che fino ad allora – seppur diversi per tradizioni – avevano sempre vissuto in armonia, entrarono in conflitto, poiché le potenze coloniali misero a capo di tutte le istituzioni ruandesi i Tutsi, che del Paese non erano che un’esigua minoranza. Per giustificare tale abuso, gli europei avanzarono la teoria razzista della superiorità dei Tutsi sugli Hutu tanto dal punto di vista fisico, quanto da quello intellettuale: uomini neri, insomma, ma con le qualità dei bianchi.
Per questo motivo la tensione tra le due etnie crebbe di continuo, senza contare che anche la Chiesa cattolica favoriva l’antagonismo, accogliendo nei seminari esclusivamente i Tutsi.
Il conflitto vero e proprio, però, cominciò al momento della decolonizzazione, negli anni ’50-’60, quando, con le elezioni, gli Hutu, che erano l’etnia numericamente più consistente, riconquistarono in Ruanda il potere, fino ad allora detenuto esclusivamente dai Tutsi. Di qui i massacri: nel 1959, nel 1962, nel 1967, nel 1972, fino alla tremenda guerra civile del 1994, che provocò oltre 800.000 morti tra la popolazione civile.
Per questo, il Tribunale Penale Internazionale con sede ad Arusha, in Tanzania, che sarà attivo fino al 2012, è stato chiamato ad occuparsi del caso ruandese, anche se nel suo giudizio paiono già mescolarsi interessi di parte d’origine politica. Ad esempio, è dato eclatante il fatto che, come per molti altri fatti di attualità africana, i mezzi di informazione assai poco abbiano parlato di questo genocidio e non abbiano mobilitato l’opinione pubblica, né abbiano informato gli europei delle loro responsabilità storiche rispetto agli odi che dividono le popolazioni africane.

L.Lanza - Energia: riflessioni per il 2011

In un mondo altamente progredito e tecnologico come il nostro l’energia è di vitale importanza; perciò i paesi che fruiscono di tale risorsa per caratteristiche geografiche e per la presenza di giacimenti di petrolio e metano, sono sicuramente assai avvantaggiati.
Questa ricchezza di fonti di energia era in passato spesso localizzata in paesi poco industrializzati e poco sviluppati, ed è evidente che il non essere in grado di utilizzare un bene è come non averlo. Al contrario, abbiamo assistito nell’ultimo decennio ad un enorme sviluppo dal punto di vista industriale ed economico di stati come la Cina e l’India, che si presentano come le nuove future superpotenze: essi sono infatti all’avanguardia nella ricerca e nello sfruttamento di fonti energetiche volte a favorirne ed accelerarne il progresso economico, anche se – sul piano di quello politico-sociale – ci sono spesso ancora forti differenze tra le varie classi sociali ed i diritti civili più elementari non vengono rispettati.
Per quanto riguarda l’Africa ed i paesi arabi, fortunati detentori del preziosissimo petrolio, il cosiddetto “oro nero”, essi sono l’ago della bilancia dell’economia mondiale, soprattutto per paesi come l’Italia che ne è completamente priva. Questi paesi, grazie alla presenza di giacimenti, hanno cominciato a prendere consapevolezza della loro forza politica ed economica nello scacchiere mondiale, anche se, per quanto riguarda il progresso dei diritti civili e sociali, sono piuttosto arretrati.
Questo 2011 si è tuttavia aperto con due episodi drammatici, assai diversi tra loro, ma che ci portano ugualmente a riflettere sul futuro delle riserve e delle risorse energetiche.
Infatti, si è accesa la miccia della rivolta nei paesi arabi del Mediterraneo: prima in Egitto, poi con la guerra in Libia e, infine, in questi giorni in Siria. Pur alla luce dei problemi di carattere morale e civile che ciò comporta, l’attenzione mondiale si focalizza sul problema economico, in quanto sono tutti paesi che vivono sull’estrazione e sulla vendita del petrolio. Dall’inevitabile riduzione della produzione di quest’ultimo deriveranno certo gravi conseguenze finanziarie ed economiche, e anche le nostre tasche risentiranno dell’aumento dei prezzi causato da questa crisi.
Il secondo importante avvenimento, verificatosi in marzo, è stato il terremoto-tsunami in Giappone, da cui è conseguita la parziale esplosione della centrale nucleare di Fukushima.
Dato che proprio quest’anno ricorre il 25° anniversario del disastro di Chernobyl, i cui effetti disastrosi si vedono ancora oggi, si pensava che nel corso di 25 anni si fosse fatto molto per la sicurezza nelle centrali nucleari: vedere però un paese così all’avanguardia dal punto di vista tecnologico come il Giappone messo in ginocchio e in crisi da una calamità naturale, ci porta a porci delle domande sulla corsa nucleare, argomento in Italia di un prossimo referendum .
Se il Giappone, che convive da sempre con i terremoti e ha saputo per il resto farvi pienamente fronte, non è stato in grado di limitare i danni sulla centrale nucleare, c’è infatti da domandarsi se è il caso che l’Italia si avvii su questa strada, pur senza nulla togliere alla preparazione e alla competenza dei nostri ricercatori.
Inoltre, legato alle centrali nucleari, c’è il problema dello smaltimento delle scorie, che è comune a tutto il mondo e che, non essendo ancora stato risolto, sarà una pesante eredità che lasceremo ai nostri figli e nipoti.
D’altra parte, se anche in Italia si dovesse rinunciare agli impianti nucleari, non bisogna però dimenticare che Francia, Germania, Svizzera e Austria ne possiedono di funzionanti: quindi tutta l’Europa e tutto il mondo dovrebbero cambiare atteggiamento e rivedere la propria politica energetica, indirizzandosi verso energie rinnovabili.
In particolare, in Italia dovremmo sfruttare il sole, l’acqua e il vento: e forse, se non è stato fatto finora, è perché ci sono interessi economici di pochi che vanno a scapito del bene di tutti.

Bernardinello G. - Gridare nel silenzio

Nessuno ne parla, nessuno sa.
Sono le guerre taciute, i genocidi nascosti al mondo, i massacri che non toccano l’interesse della gente. Quelli per cui non si perde né tempo né curiosità per saperne di più, quando invece, quelle persone, di cose ne hanno perse tante.
Sono molti, troppi da contare, gli esempi che si potrebbero prendere in considerazione per suscitare un minimo di interesse in coloro che forse non per la prima volta, ma quasi, ne sentono parlare.
In Costa d’Avorio, Africa occidentale, per esempio, la popolazione è drammaticamente in ginocchio da mesi. La causa? La sete di potere. Infatti, l’ostilità fra due presidenti, Gbabo e Ouattara, che con armi assassine credono di dimostrare la loro autorità, sta distruggendo ciò per cui stanno combattendo, il loro paese.
Del resto, non si deve dimenticare il genocidio del 1994 in Ruanda, Africa orientale, che è stato uno dei più sanguinosi della storia. Le divisioni etniche tra Hutu e Tutsi han fatto sì che questi due popoli si autoeliminassero a vicenda nel modo più feroce possibile. Ancora adesso le generazioni sopravvissute ne accusano i danni : migliaia di donne, vittime di stupri etnici, sono sieropositive e migliaia di bambini non hanno più una famiglia, una casa.
In territorio libico, Nord Africa, la situazione è analoga. I libici hanno tentato di far cadere il governo di Gheddafi e quest’ultimo , pur di non abdicare, ha cercato di imporre il proprio potere pagando a peso d’oro un esercito di mercenari stranieri perché bombardasse e sopprimesse i ribelli, la sua gente, il suo popolo.
In Costa d’Avorio e in Ruanda i mass media hanno dedicato miseri minuti di servizi televisivi per divulgare una notizia che meritava giorni di approfondimenti. Per quanto riguarda la situazione in Libia, invece, i telegiornali hanno trasmesso per settimane aggiornamenti minuto per minuto.
Ma perché tanta differenza?
Qui la risposta è una sola, triste e poco onorevole. Le più grandi potenze europee , come l’Italia, dipendono economicamente per quanto riguarda il petrolio ed il gas dalla Libia: anzi, è scorretto parlare di tutta la Libia, ma da Gheddafi soltanto. L’allarme di una possibile interruzione commerciale ha allarmato i potenti, del tutto dimentichi di coloro che stanno morendo per le scelte di un pazzo. I mass media hanno dovuto concentrarsi solo sul problema finanziario, distogliendo la gente da ciò che era realmente importante.
Tutto, dunque, ruota intorno all’interesse economico e politico, e si è perso il senso della centralità dell’uomo in quanto essere umano.
I mass media, in realtà, sembrano nati per ottundere le menti, non per aprirle come dovrebbero. Anzi, forse i mass media esistono proprio per alimentare questo circolo vizioso, capitanato da potenti egocentrici che senza ostacoli dettano legge. Essi non si fermano neanche davanti ai massacri, purché qualcuno continui a pagare il giro di giostra.
Il nome stesso “mass”, in fondo, non allude a qualcosa che rende l’uomo parte della massa e non individuo pensante?
Keane Fergal, nel suo libro Stagione di sangue, un reportage sul genocidio in Ruanda, ribadisce più volte l’inutilità e la scorrettezza dei mass media. Frase che dovrebbe far riflettere, è questa: “Generalmente, per la televisione, le notizie dall’Africa sono interessanti solo quando comportano un’esibizione di cadaveri: più è alto il mucchio, maggiore è la possibilità che da ogni parte del mondo si inviino, sia pure per breve tempo, corrispondenti e troupe televisive”.
Sembra insomma che i telegiornali abbiano lo stesso scopo dei reality: fare share, giocando sulla bestialità dell’uomo, sulla sua capacità di diffondere terrore. E sembra che il pubblico sia interessato unicamente a sapere fino a dove può arrivare la crudeltà: un interesse perverso che attira più telespettatori incollati allo schermo di quanto non ne attiri il sapere le cause dei massacri.
Siamo quindi più deboli dei mass media?
Evidentemente sì, ci sappiamo far plasmare da ciò che raccontano, ma soprattutto, da ciò che NON raccontano. Sottovalutiamo il fatto che il loro ruolo è uno dei più importanti: divulgare notizie internazionali per far sì che la gente sappia, si interessi, conosca ciò che succede al mondo, e non solo dietro l’angolo di casa propria.
In conclusione, se questi massacri avvengono e mai nessuno ne parla, in parte è anche colpa del disinteresse del pubblico mondiale. Questo alimenta sia l'ignoranza collettiva ed il continuo disimpegno verso ciò che accade ogni giorno dall’altra parte del mondo e che va ben oltre l’immaginabile, sia la nonchalance con cui si prendono decisioni autodistruttive, perché nessuno vi fa obbiezione.
Fermiamo allora questa corsa incontro al massacro con la corsa a saperne di più!

giovedì 14 aprile 2011

Camassi - Titus

Elisa Camassi - Recensione "Titus":

Se siete deboli di stomaco, Titus, film del 1999 diretto da Julie Taymor, non è il film per voi. È infatti il classico splatter, ma con un’ambientazione mista tra mondo antico e moderno studiata nei minimi particolari. Questo miscuglio di epoche è ciò che rende spettacolare il film, che accoglie nel suo cast attori straordinari come Anthony Hopkins (nella parte del generale Titus Andronicus), Jessica Lange (l’affascinante regina Tamora), Jonathan Rhys-Meyers (uno dei figli di Tamora), Laura Fraser (l’innocente Lavinia) e Alan Cumming, noto per The Mask 2.
La trama del film ricalca quasi completamente la sceneggiatura di Shakespeare, raccontando la vendetta di Tito Andronico contro l’imperatrice e i suoi figli per le torture a cui hanno sottoposto sua figlia Lavinia, senza tralasciare le scene più cruente e sanguinose. Quindi... amanti del cinema raffinato (perché in fondo lo è...) e dello splatter peggiore, spegnete i cellulari e premete play. Buona visione!