venerdì 6 aprile 2012

Elisa Camassi - Trasformismo: hobby o sport? no, politica.


Da Cavour a Brachetti


Arturo Brachetti è il più famoso trasformista al mondo con il record mondiale di cambiamenti d’abito in due ore, ma non è l’unico ad avere questo tipo di hobby: molti politici, nella storia italiana ed internazionale, hanno preso spunto da questo favoloso artista nel cambiamento di schieramento politico a seconda della convenienza.
La fine dell’800 è caratterizzata dal fallimento del bipolarismo italiano, e cioè dell’effettiva alternanza dei partiti al governo, per cui, a partire dal Connubio Cavour-Rattazzi, vengono emarginate le ali estremiste delle fazioni e, attraverso un sistema di favori e scambi, si alternano al governo i due schieramenti moderati della destra e della sinistra storica, eredi del liberalismo e rappresentanti della classe borghese. Di conseguenza, il popolo non considera le proposte più estremiste e non vi è una vera e propria opposizione politica, poiché al potere vi sono i rappresentanti di un'unica fascia sociale.
Da qui nascono i fenomeni del clientelarismo, cioè la costituzione di clientele a livello locale attraverso il rapporto diretto di interesse tra uomo politico ed elettorato, e del trasformismo, ossia l’oscillazione politica tra destra e sinistra per ottenere il massimo dei voti possibile, e dell’incapacità di fare dell’opposizione, descritta dal politico G. Pasquino.
Dal Connubio Cavour-Rattazzi, famoso accordo segreto tra i due oppositori per formare una nuova maggioranza, all’odierno Scilipoti, passando dai governi di Depretis e Giolitti, come dice forse esagerando G. Gramsci, tutta la vita statale italiana, dal 1848 in poi, è stata caratterizzata dal trasformismo.
Il Connubio, caratterizzato da un’alleanza trasversale, e non dei singoli politici come succederà più avanti, apre le porte all’era del trasformismo, che caratterizza inizialmente un periodo di staticità e di problematiche tra nord e sud italiano. Sale allora al governo, nel 1882, Agostino Depretis che, oltre alla riforma elettorale con l’allargamento del suffragio, alla riforma sull’istruzione, all’adozione del protezionismo con cui vengono avvantaggiati i latifondisti e gli industriali - approfondendo la divisione economica italiana - e al tentativo fallimentare di espansione coloniale, immobilizzerà lo scontro politico italiano tramite un’alleanza con Minghetti, accordandosi per unire le forze contro l’estrema sinistra.
Un altro esempio di siffatte consuetudini è la politica di Francesco Crispi che, dal 1887, prosegue la pratica trasformista dello schieramento di sinistra. Il suo governo, caratterizzato dalla francofobia e da una politica coloniale fallimentare, poiché superiore ai mezzi, è distinto da un’oscillazione continua tra anticlericalismo e riconciliazione tra Stato e Chiesa, tra liberalismo e duro imperialismo, tra giacobinismo ed ostilità alla Francia.
Giolitti, Presidente del Consiglio dal 1892, definito da Salvemini “ministro della malavita”, poiché sfruttatore del clientelarismo e del trasformismo, sale al potere negli anni dello scandalo della banca di Roma, che evidenza i legami tra la politica e il mondo della finanza. Tra fenomeni di corruzione e di non coinvolgimento della popolazione nella vita sociale e politica, il trasformismo diventa dunque un fenomeno sempre più negativo, che non verrà mai completamente annullato.
Tuttora notiamo tra i vari partiti italiani un movimento sospetto, che potrebbe sembrare l’”antico” trasformismo. È forse il caso dell’onorevole Scilipoti che, in circa due anni, dal partito di sinistra Italia dei Valori, è passato al Gruppo Misto per poi optare per lo schieramento politico opposto. Tra corruzione ed indagini ministeriali siamo sempre al punto di partenza, ma almeno abbiamo scoperto che il trasformismo non è solo la capacità teatrale di mutare le proprie sembianze in pochi attimi.

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