lunedì 16 aprile 2012

Fabio Zucconi - Bosnia: diario di viaggio


Venerdì 23 marzo

Dopo quasi cinque anni ho visitato la città di Trieste per la seconda volta. Poter camminare di nuovo per piazza Unità d’Italia, completamente affiancata al mare, mi ha fatto provare una sensazione di libertà e pace. Sono passato anche dal teatro romano, che l’ultima volta non avevo visto. Essendo ormai in rovina, del teatro sono rimaste solo le fondamenta.
Ciò mi ha fatto riflettere su quanto fossero avanzate le tecniche di costruzione degli antichi romani. Infatti è molto raro che le fondamenta di un edificio si conservino per duemila anni.
Dopodiché, ho raggiunto le statue di Umberto Saba e James Joyce, due scrittori e poeti che hanno ricordato la città di Trieste nelle loro opere. Il viaggio è continuato poi nella città di Lubiana, capitale della Slovenia, che dista solo un’ora da Trieste. Penso che Lubiana sia stata la città balcanica che mi ha affascinato di più: piena di ponti, edifici colorati e zone verdi.
Nella piazza principale c’era la statua di France Prešeren, poeta sloveno considerato dagli abitanti alla pari del nostro Dante. Un’altra cosa che mi ha colpito è che Lubiana, nonostante si trovi più isolata dal resto d’Europa, possiede più fascino e bellezza di molte capitali europee.

Sabato 24 marzo

Questa mattina saremmo dovuti partire per Sarajevo, ma a causa di un imprevisto (all’autista hanno rubato i documenti) siamo “costretti” a rimanere a Lubiana qualche ora in più, nell’attesa di un nuovo autista. Ma non tutti i mali vengono per nuocere: infatti abbiamo fatto un altro giro, addentrandoci in una parte di Lubiana che ieri c’era sfuggita. Camminando lungo una via di questo quartiere abbiamo notato che alcune paia di scarpe erano appese ai fili della corrente elettrica ed essendo curiosi abbiamo chiesto a un passante cosa significasse quel gesto. Egli ha risposto che quando una persona muore si usa appendere delle scarpe ai cavi elettrici per ricordarla.
Questo quartiere era particolare anche per i suoi graffiti. Due in particolare mi hanno stupito: il primo era un cuore dentro al quale vi era scritto“capitalism you are driving me crazy” (capitalismo mi stai facendo impazzire), l’altro invece raffigurava il simbolo dell’anarchia. Questi graffiti dimostrano che pure a Lubiana, nonostante sia lontana dal resto d’Europa, ci sono manifestazioni anarchiche e anticapitalistiche.
Nel primo pomeriggio l’autista è arrivato e siamo partiti per Sarajevo. Il viaggio è stato interminabile: più di dieci ore di pullman.
Una volta oltrepassata la frontiera per entrare in Bosnia, subito si sono presentate a noi case distrutte e colpite dalle bombe in una zona sperduta e desolata. Tutto era buio intorno a noi, sembrava quasi che i nostri pullman fossero i soli a vagare nella notte. La prima sensazione che provai fu una sorta di tristezza: vedendo quelle case bombardate mi chiesi perché l’uomo era arrivato a compiere un atto così violento come l’uccisione di oltre 11mila persone.
Siamo arrivati in hotel circa un’ora dopo.

Domenica 25 marzo

Oggi visita di Sarajevo. Ci siamo incontrati con la nostra guida e con Jovan Divjak, un generale bosniaco che ha partecipato alla guerra. Insieme siamo saliti sul colle più alto della città, dal quale si godeva di una vista magnifica. Durante la salita abbiamo siamo passati di fianco al cimitero musulmano, costituito da tombe che hanno la forma di obelischi bianchi. La cosa che però mi ha impressionato di più è stata la quantità di queste tombe bianche, che si estendevano dall’inizio del colle fino ad arrivare in pianura. Il generale Divjak ci ha raccontato la sua esperienza durante la guerra: allo scoppio della guerra nel 1991, egli si era arruolato nell’esercito serbo. Tuttavia, nel maggio 1992, quando iniziò l’assedio di Sarajevo, egli passò dalla parte dei “ribelli”: lasciò quindi l’esercito e si schierò con la popolazione croata e bosniaca rimasta in città, guidandone la difesa.
Dopodiché la nostra visita è continuata nel centro della città: abbiamo visto la moschea musulmana, la sinagoga ebraica, la cattedrale del Cuore di Cristo (cattolica) e la cattedrale serbo-ortodossa. Quella che mi è piaciuta di più come stile ed architettura è stata l’ultima: in stile barocco, la cattedrale serbo-ortodossa è sormontata da cinque cupole con un campanile all’entrata. Verso mezzogiorno, per rifocillarci, ci siamo fermati a pranzare in un ristorante la cui specialità era il cevapcici, piatto tipico bosniaco. Esso è costituito da un pezzo di pita (pane morbido lievitato) riempito con piccole salsicce di manzo e vitello, panna acida e cipolle.
Penso che sia la cosa più buona che ho mangiato durante questo viaggio. Nel pomeriggio abbiamo visitato il Tunnel della speranza. Questo tunnel fu costruito dagli assediati bosniaci con lo scopo di collegare la città di Sarajevo con l’area neutrale dell’aeroporto, in cui si trovava l’ONU.
Ciò permise ai soldati delle Nazioni Unite di rifornire la città di cibo, acqua e medicinali.

Lunedì 26 marzo

Quest’oggi abbiamo fatto visita al sacrario di Srebrenica. La cosa che mi ha colpito di più non appena siamo scesi dal pullman è stato il diverso colore che avevano le lapidi delle vittime.
Infatti, alle persone i cui corpi sono stati ritrovati era stata messa una lapide di marmo bianco, mentre coloro i cui corpi erano dispersi era stata messa una lapide di legno dipinta di verde.
Dopo una breve spiegazione introduttiva, in cui ci hanno spiegato che quel luogo è stato creato per ricordare e seppellire le vittime del genocidio del 1995, siamo andati in un capannone dove era esposto un reportage fotografico sulla guerra. Abbiamo anche visto un documentario in cui alcune madri raccontavano, con le lacrime agli occhi, in che modo avevano perso i loro figli durante la guerra. La visione di questo filmato mi ha fatto provare un senso d’angoscia e disgusto per le atrocità di guerra. Dopodiché abbiamo visitato un edificio adiacente parzialmente distrutto dai bombardamenti.
La visita a Srebrenica è stata quella che ha avuto su di me l’impatto emotivo più grande: l’angoscia, la tristezza, il disgusto provati erano tali che desideravo andarmene da quel luogo il più presto possibile.

Martedì 27 marzo

La destinazione odierna è stata Tuzla. Grazie all’associazione Tuzlanska Amica, abbiamo visitato una casa-famiglia in cui i bambini che hanno una situazione familiare difficile vengono accolti ed educati. Poi abbiamo visitato il cimitero di Tuzla e la cosa che mi ha più impressionato è stata l’età dei morti: la maggior parte di loro non aveva nemmeno vent’anni.
Dopo la spiegazione che la guida ci ha fornito sulla storia di Tuzla ed in particolare sul cimitero, il nostro compagno Massimo ha intonato al clarinetto un adagio di Mozart, affinché potessimo comprendere attraverso quella musica dal tono grave la tristezza provata dalle famiglie delle vittime.
In seguito, abbiamo visitato il centro di Tuzla e nel pomeriggio alcuni di noi hanno giocato una partita di calcio con alcuni ragazzi della casa-famiglia.

Mercoledì 28 marzo

Partenza da Sarajevo. Ricorderò i giorni passati in questa città con gioia. La prima tappa che abbiamo fatto è stata Mostar. Si tratta di una città turistica situata sul fiume Narenta, il cui ponte fu distrutto dai bombardamenti della guerra nel 1993 e ricostruito solo nel 2004. La guida ci ha raccontato che esiste tra gli abitanti di Mostar una sorta d’inimicizia risalente alla guerra: la popolazione è infatti composta da croati-bosniaci e bosniaci-musulmani che durante il conflitto si combattevano gli uni contro gli altri. Questa ostilità rimane ancora oggi, nonostante la guerra sia finita da più di quindici anni.
Dopodiché abbiamo passato qualche ora a fare acquisti e in seguito siamo partiti per Dubrovnik. Arrivati verso sera, ci siamo concessi una passeggiata nel centro della città. Dubrovnik è una città di mare, che ricorda molto le nostre Rimini e Riccione (mare inquinato a parte).

Giovedì 29 – Venerdì 30 marzo

Abbiamo visitato la città percorrendo le mura, lunghe 1940 metri. È stata una passeggiata piuttosto intensa, però ne è valsa la pena: le mura sono alte fino a 25 metri e da quell’altezza si ha una vista di Dubrovnik favolosa!
Dopo la passeggiata e una breve visita del centro città siamo partiti per Spalato, dove ci siamo imbarcati sul traghetto. La traversata dell’Adriatico è stata lunga, abbiamo impiegato circa dieci ore per raggiungere Ancona, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. In meno di due ore eravamo già a Bologna.

Considerazioni finali

Penso che non dimenticherò mai questo viaggio d’istruzione e sono contento di avervi partecipato perché, nonostante il forte impatto emotivo che ha suscitato in me, ho imparato qualcosa di più su una guerra che si è svolta in tempi recenti. Inoltre, ho avuto la possibilità di visitare città bellissime, che mi hanno veramente affascinato e che spero un giorno di poter rivedere.

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