sabato 7 aprile 2012

MARCO SHAQIRI - Italia, paese di migrazioni


Il fenomeno della migrazione è presente tra le comunità umane fin dai tempi più remoti. I motivi sono piuttosto diversi, ma legati fra loro da un'unica vera causa: la ricerca di condizioni migliori.
Molti Paesi hanno dovuto affrontare momenti difficili, che hanno mobilitato parti della popolazione a spostarsi in luoghi differenti, come è successo anche a uno stato europeo dalla storia singolare: l'Italia.
Tra il 1876 e il 1976 se ne andarono dall'Italia in 27 milioni.
Su piccoli frammenti di fatti passati, il popolo italiano si è creato uno stereotipo di italiano-straniero ben accolto, con grandi capacità di adattamento e capace di trasformare le difficoltà in fortuna.

La storia intera ha mostrato, invece, un'altra faccia. Anche oggi, infatti, ondate di clandestini sbarcano sulle coste italiane, adeguandosi spesso a condizioni disumane e subendo il disprezzo della popolazione locale. La gente, però, si dimentica che un tempo anche i loro nonni era stati clandestini, considerati di minor valore di uno straccio.
E' noto che il viaggio al quale erano costretti gli emigranti era spesso disumano. Una volta arrivate, le famiglie degli emigranti venivano sfruttate persino dagli stessi connazionali: popolo dello stesso sangue, cercavano però di approfittarsi l'un dell'altro, fino a estorcere denaro in cambio di false promesse. Emigranti senza documenti di tutte le età erano obbligati a lavorare ininterrottamente 10-12 ore al giorno per misere paghe, senza alcun tipo di sicurezza. Ad aggravare la situazione era il fatto che venivano presi di mira e derisi dagli individui più potenti.
Gli unici posti che li accoglievano erano luoghi e case sub-standard, in condizioni di igiene raccapriccianti, nel freddo, a rischio di malattie. Il cibo scarseggiava e se c'era, era di bassa qualità. Spesso, perciò, molti morivano di fame, freddo, malanni o distrutti dal lavoro.
Questi fattori gravavano sugli immigrati, sviluppando in loro contrastanti pensieri: dalla sottomissione alla ribellione, dalla rassegnazione al disprezzo.
In ogni caso, lo straniero ha sempre cercato di farsi strada in una società aliena e di far valere i propri diritti. I metodi sono stati svariati: alcuni hanno rifiutato le proprie origini pur di farsi valere e di donare ai pronipoti un futuro ed una condizione di vita migliore. In altri è cresciuto il rimpianto per la patria lontana; essi hanno lottato per far contare la propria storia, e, alcune volte, questo è sfociato in una ribellione, anche violenta.
In Italia, oggi, la situazione per gli immigrati stranieri è simile: i cosiddetti "clandestini" vengono rifiutati dalla società; le questure chiedono cifre esorbitanti e il conseguimento di elevatissimi standard di vita per dare, forse, i documenti per la regolarizzazione, ma quasi sempre di brevissima scadenza. Le persone razziste, dimenticando il passato, si credono migliori, mentre si diffondono i pregiudizi: se uno straniero sbaglia, tutta la sua etnia diventa ''sbagliata'', mentre per gli errori commessi da italiani vige in generale la buona regola del ''non far dei fili d'erba tutto un fascio'' .
Forse questo atteggiamento è un sorta di vendetta con la quale il popolo italiano riscatta la storia passata, oppure è semplicemente una dimostrazione  che l'uomo non cambia e che la storia si ripete sempre.

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