lunedì 30 gennaio 2012

FABIO ZUCCONI - Giovani di ieri e giovani di oggi


Uno sguardo d'assieme alle forme di espressione passate e presenti

Quando si parla di cultura giovanile s’intendono i cambiamenti che una parte degli adolescenti di una generazione adotta per differenziarsi dalla massa. Per questo motivo è più corretto definire la cultura giovanile una subcultura.
 I giovani hanno espresso negli ultimi quattro decenni il loro modo di essere e di pensare in maniere sempre più differenti. Infatti, verso la fine degli anni ’50 nacque negli Stati Uniti un movimento culturale chiamato Beat Generation. Molti critici letterari si sono a lungo soffermati sul significato del termine beat, il quale possiede in inglese una vasta gamma di accezioni. In ogni caso si può ricondurre questo termine al sostantivo beatitude (beatitudine), una specie di elevazione ascetica ed estatica causata dall’uso di droghe e alcol. Beat può voler dire anche “battuto”, cioè sconfitto dalla società, dagli schemi imposti. La Beat Generation è un movimento di richiamo alla vita libera e al carpe diem.
A partire dagli anni ’50, i giovani hanno espresso questo loro anticonformismo nelle più svariate forme comunicative. In campo letterario il massimo esponente di questo movimento è Jack Kerouac, autore del romanzo Sulla strada. Quest’ultimo racconta le avventure di Sal Paradise e dei suoi amici che intraprendono un viaggio in auto attraverso tutta l’America, in cerca di forti emozioni ed esperienze. Durante il viaggio Sal e i suoi amici, incapaci di adattarsi alla società e alle regole da essa imposte, combinano ogni genere di stupidaggini sotto l’effetto di droghe e alcol. Alla fine però, il protagonista decide di tornare a New York riprendendo a frequentare l’università e conducendo una vita normale. Tuttavia, dopo un incontro con Dean, uno dei suoi amici, decide di ripartire, confermando così la sua indole ribelle. Anche la musica dei primi anni ’60 risente dell’influenza della Beat generation, in particolare le canzoni di Bob Dylan e Joan Baez, i quali nella fattispecie appartenevano al genere del folk-beat. Questo filone, tipico nordamericano e britannico, prevede dal punto di vista musicale l’uso di strumenti acustici come l’armonica a bocca e la chitarra. I testi delle canzoni affrontano invece tematiche di protesta, che sfoceranno in seguito nelle manifestazioni di massa del 1968. In quell’anno, infatti, gli studenti di tutto il mondo si riunirono per protestare contro il sistema capitalistico, il quale aveva diffuso l’idea del consumismo, del denaro e del mercato come punti centrali nella vita sociale.
Gli operai manifestavano invece per ottenere salari più alti e turni di lavoro meno duri, in modo da poter condurre una vita più dignitosa.
Negli Stati Uniti le lotte si focalizzarono soprattutto contro la guerra del Vietnam, insieme alle battaglie dei neri per il riconoscimento dei diritti civili. La lotta contro la guerra in Vietnam fu portata avanti dagli hippy, in seguito rinominati “figli dei fiori”, in quanto i fiori erano la loro unica arma di difesa.
Si trattava di una protesta non violenta, in quanto gli hippy non intervennero fisicamente per fermare i soldati in Vietnam. Essi si limitavano a predicare la pace e l’amore tra i popoli facendo largo uso di allucinogeni quali l’acido lisergico (LSD).
Anche Martin Luther King aspirava pacificamente all’integrazione degli uomini di colore all’interno della società americana.
Per quanto riguarda le moderne forme di espressione, la più comune è il rave party, una festa generalmente illegale, che si svolge in spazi aperti ascoltando musica elettronica. Tuttavia, nonostante i questi tipi di festa sembrino diversi dalle forme di espressione finora menzionate, essi hanno alcuni elementi in comune con i movimenti beat e hippy degli anni cinquanta e sessanta. Infatti, lo scopo principale di un rave party è il consumo di droga e alcol, i quali permettono ai giovani di raggiungere uno stato di estasi profonda, facendo dimenticare loro qualsiasi problema. A partire da questi comportamenti, lo psicologo Diego Miscioscia, ha rilevato tre differenti strategie a cui i giovani ricorrono spesso per risolvere i loro disagi interiori. La prima, di marca infantile, è fondata sulla regressione e sulla fuga dalla realtà per affrontare il dolore ed il disagio della crescita. Essa suggerisce quindi di ricercare il piacere ed il benessere nell’ambito della fantasia e dell’illusione. Tutto ciò si può trovare ad un rave party. In quest’esperienza, si apre il grande spazio onirico delle droghe, la dimensione del gioco e del consumo. La seconda strategia utilizza la trasgressione e la provocazione per richiamare l’adulto alle sue responsabilità e per elaborare le difficoltà dell’adolescenza. La terza strategia, infine, la più creativa, prefigura un modo nuovo di guardare al futuro, più carico d’affettività, pace e socialità. Essa s’appoggia sulle capacità intuitive ed artistiche dei giovani, e lascia intravedere più chiaramente una realtà futura in cui potranno aprirsi nuovi spazi espressivi e comunicativi.

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