mercoledì 11 gennaio 2012

ELISA CAMASSI, MASSIMO AMADORI - Nebbia


MAUTHAUSEN

Nebbia, freddo, fragilità, abbandono, tortura, dolore, paura, nudità, dignità, annullamento, organizzazione, violenza, distruzione, morte.
Vedere di persona i luoghi dell'Olocausto fa comprendere che la follia umana non ha limiti.
Vedere quei luoghi, ascoltare le storie del campo, toccare e sentire l’odore di ciò che è rimasto è del tutto diverso dal sentirne parlare.
Rabbia, stupore, tristezza.
È difficile dire ciò che più ci è rimasto impresso. Forse la distruzione fisica che subivano i prigionieri, o forse, più di tutto, il loro annullamento dal punto di vista umano.
Nel lager sei solo un numero, nulla più ti appartiene: sei denudato davanti a tutti, privato dei tuoi vestiti e delle tue cose più familiari. Sopporti orari di lavoro alienanti, torture impensabili e vivi in condizioni disumane. Come una bestia punti a vivere un giorno di più, un altro ancora. Non sei più un uomo.
L’illusione o addirittura il briciolo di speranza che ancora conservavano i nuovi arrivati crollava subito; non solo venivano denudati e veniva tolta loro ogni cosa, ma il cibo  pessimo che loro istintivamente rifiutavano era invece mangiato con gusto e appetito dagli internati da più tempo, e ciò provocava un vero crollo psicologico.
Gli esperimenti fatti sugli ebrei erano molteplici e tutti studiati nei minimi particolari da scienziati e medici nazisti: gli internati erano considerati inferiori alle bestie, semplici cavie da laboratorio.
Ciò che è davvero difficile immaginare è la precisione con la quale fu organizzata la soluzione finale. Ogni dettaglio delle “macchine della morte” era studiato da esperti per permettere di uccidere più prigionieri possibile: ogni giorno, come se si trattasse di ordinaria amministrazione.
Il fatto che i nazisti riuscissero a ottenere anche un profitto economico dallo sterminio di massa è una delle cose più spregevoli. Il commercio delle ceneri mortuarie che, raccolte nei forni crematori e mischiate a polvere, erano vendute a parenti e amici delle vittime, come fossero autentiche, rivela limiti inimmaginabili della follia umana.
Abbiamo capito molte cose da questa visita, riflettuto sul passato e su quello che siamo oggi.
L'odio per il “diverso”, sia esso ebreo, zingaro o omosessuale, alimentato da Hitler nelle masse del suo tempo, sopravvive ancora oggi. Proviamo orrore, terrore e inquietudine quando ancora, nel 2011, sentiamo discorsi razzisti.
Da oggi porteremo, indelebile in noi, il ricordo di quei luoghi in cui ci sembra, dopo questa visita, di aver vissuto e sofferto insieme ai deportati.
La storia deve essere maestra di vita, dobbiamo lottare affinché questa tragedia non si compia nuovamente.

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