giovedì 14 aprile 2011

Bernardinello-Niente è come sembra

BERNARDINELLO GIULIA - TITUS ANDRONICUS: NIENTE E’ COME SEMBRA
“Non ho mai visto un film così cruento ”.
E’ stata l’impressione lampo che ho avuto, dopo aver visto il capolavoro di W. Shakespeare , Titus Andronicus, nella versione cinematografica della regista Julie Taymor, ambientata abilmente ai giorni nostri. Tutto il film è incentrato su spargimenti di sangue, violente scene d
i crudeltà perpetrate da protagonisti senza cuore. Dopo essermi rasserenata al pensiero che le uniche persone “ferite” fossero i fruttivendoli che vedevano i pomodori così male utilizzati, mi sono soffermata a riflettere sul significato reale del film.
Tito, il valoroso protagonista che vediamo spegnersi spiritualmente e fisicamente piano piano, ogni giorno di più, per la perdita dei figli maschi e per la violenza compiuta sulla prediletta Lavinia, cela dietro il suo aspetto di padre sofferente un’ombra maligna, vendicativa e perversa.
Lavinia, sua figlia, pare avere due personalità distinte: una è il ritratto della purezza, della castità e dell’innocenza, l’altra della superbia e dell’arroganza, quando sfida Tamora prima di essere vittima di abuso da parte dei figli di lei.
Chirone e Demetrio, invece, non rappresentano semplicemente il male, ma piuttosto ne sono succubi: non avendo pensieri autonomi, sono le "braccia" dei progetti della madre, Tamora, che è invece la "mente" delle loro crudeli azioni. È questo che dimostra la loro debolezza, da associare anche alla loro giovane età.
Tamora, la "tigre", è appunto l’emblema del peccato, della violenza fusa all’erotismo. È colei che oggigiorno verrebbe etichettata “cacciatrice di dote”, perché il suo principale desiderio è ottenere il potere.
Marco incarna il fratello silenzioso di Tito, colui che ha il buon senso per entrambi, ma anch’egli sotto sotto presenta un’ombra viscida: se Dante lo avesse conosciuto, lo avrebbe forse etichettato come ignavo.
Aronne, il servo di colore di Tamora, suo amante e suo orgoglioso consigliere, padre del bambino ch'ella genererà di nascosto, è il ribelle all’ordine costituito. Costui è spesso il narratore interno della vicenda, colui che veste i panni del burattinaio immorale della storia.
Ultimo, ma non per importanza, è Saturnino. Egli ha sostituito Tito come imperatore di Roma e gode di tutti i privilegi che il suo potere gli può offrire. È prepotente e amante dell’eccesso e della proibizione, ma è manipolato fin dall’inizio dalla sua regina, Tamora.
I personaggi principali, Tito, Tamora e Aronne, oltre alla propensione al male, hanno in comune l’amore per i propri figli. Ciò li indebolisce ma li umanizza: celebre l'atroce scena di disperazione del banchetto finale, dove Tito si è compiaciuto di cucinare i figli di Tamora e di farglieli mangiare con l'inganno.
Questa tragedia, nella sua versione cinematografica, oltre a far attorcigliare gli stomaci più sensibili, riesce ad abbattere le barriere del razzismo e a far balenare la luce di una speranza. Infatti, nel finale vediamo il piccolo Lucio, il nipote di Tito, che lo segue per tutta la storia ovunque, mentre se ne va verso un cielo rosato con in braccio il figlio di Aronne. Quest’immagine sta a significare che i più piccoli, coloro che rappresentano il futuro, sono capaci di unirsi e di dar vita ad un nuovo inizio.
La mia reazione, alla fine del film, è stata di disprezzo per le atrocità cui avevo assistito. Dunque, l'esito della visione è educativo, perché fa nascere o crescere nell’animo quella sorta di buon senso che rifiuta la vendetta e la violenza, per aspirare a una conclusione pacifica.
Nel Titus niente è dunque come sembra a prima vista: né il carattere dei personaggi, né il senso e l'obiettivo della narrazione.

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