Il fenomeno della migrazione è
presente tra le comunità umane fin dai tempi più remoti. I motivi sono piuttosto
diversi, ma legati fra loro da un'unica vera causa: la ricerca di condizioni
migliori.
Molti Paesi hanno dovuto
affrontare momenti difficili, che hanno mobilitato parti della popolazione a
spostarsi in luoghi differenti, come è successo anche a uno stato europeo dalla
storia singolare: l'Italia.
Tra il 1876 e il 1976 se ne
andarono dall'Italia in 27 milioni.
Su piccoli frammenti di fatti
passati, il popolo italiano si è creato uno stereotipo di italiano-straniero
ben accolto, con grandi capacità di adattamento e capace di trasformare le
difficoltà in fortuna.
La storia intera ha mostrato,
invece, un'altra faccia. Anche oggi, infatti, ondate di clandestini sbarcano
sulle coste italiane, adeguandosi spesso a condizioni disumane e subendo il
disprezzo della popolazione locale. La gente, però, si dimentica che un tempo
anche i loro nonni era stati clandestini, considerati di minor valore di uno
straccio.
E' noto che il viaggio al
quale erano costretti gli emigranti era spesso disumano. Una volta arrivate, le
famiglie degli emigranti venivano sfruttate persino dagli stessi connazionali:
popolo dello stesso sangue, cercavano però di approfittarsi l'un dell'altro, fino
a estorcere denaro in cambio di false promesse. Emigranti senza documenti di
tutte le età erano obbligati a lavorare ininterrottamente 10-12 ore al giorno
per misere paghe, senza alcun tipo di sicurezza. Ad aggravare la situazione era
il fatto che venivano presi di mira e derisi dagli individui più potenti.
Gli unici posti che li
accoglievano erano luoghi e case sub-standard, in condizioni di igiene
raccapriccianti, nel freddo, a rischio di malattie. Il cibo scarseggiava e se
c'era, era di bassa qualità. Spesso, perciò, molti morivano di fame, freddo, malanni
o distrutti dal lavoro.
Questi fattori gravavano sugli
immigrati, sviluppando in loro contrastanti pensieri: dalla sottomissione alla
ribellione, dalla rassegnazione al disprezzo.
In ogni caso, lo straniero ha
sempre cercato di farsi strada in una società aliena e di far valere i propri
diritti. I metodi sono stati svariati: alcuni hanno rifiutato le proprie
origini pur di farsi valere e di donare ai pronipoti un futuro ed una
condizione di vita migliore. In altri è cresciuto il rimpianto per la patria
lontana; essi hanno lottato per far contare la propria storia, e, alcune volte,
questo è sfociato in una ribellione, anche violenta.
In Italia, oggi, la
situazione per gli immigrati stranieri è simile: i cosiddetti "clandestini"
vengono rifiutati dalla società; le questure chiedono cifre esorbitanti e il
conseguimento di elevatissimi standard di vita per dare, forse, i documenti per
la regolarizzazione, ma quasi sempre di brevissima scadenza. Le persone
razziste, dimenticando il passato, si credono migliori, mentre si diffondono i
pregiudizi: se uno straniero sbaglia, tutta la sua etnia diventa ''sbagliata'',
mentre per gli errori commessi da italiani vige in generale la buona regola del
''non far dei fili d'erba tutto un fascio'' .
Forse questo atteggiamento è
un sorta di vendetta con la quale il popolo italiano riscatta la storia passata,
oppure è semplicemente una dimostrazione
che l'uomo non cambia e che la storia si ripete sempre.
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