In questo clima di manifestazioni, proteste e occupazioni
che sembrano non ottenere alcun successo facciamo appello all’emblema della lotta
per la democrazia: Giuseppe Mazzini
Bologna, 11/11/2011. Mi trovo in via Ugo Bassi: i ragazzi marciano verso il centro della città, la polizia circonda il fiume di studenti che si riversa in Piazza Maggiore, i cittadini curiosi si affacciano al balcone e osservano. Si sentono i soliti cori, i soliti insulti (spesso fuori tema rispetto alle ragioni della manifestazione) contro i politici, le solite canzoni reggae che ti rimbombano nelle orecchie frastornandoti. Corrispondiamo esattamente alla descrizione di folla del filosofo danese Kierkegaard: un gruppo di persone protese al conformismo, dove il singolo perde la propria identità. In pratica, se il mio vicino comincia a urlare parolacce a caso, io a mia volta lo imito e così via per tutti i presenti.
Come se non bastasse, ad ogni
corteo sono presenti gruppi giovanili dei più diversi partiti politici, spesso
radicali, che sventolano le proprie bandiere e i propri striscioni aumentando
il senso di confusione tanto negli altri manifestanti, quanto in coloro
che seguono l’evento dall’esterno. Non
c’è ragione per cui ad una manifestazione in cui si protesta per un diritto
comune a tutti noi giovani venga reso noto il pensiero politico; soprattutto
perché è accaduto in più occasioni che ragazzi appartenenti a diversi partiti
politici abbiano dato il via a risse, gli uni contro gli altri, durante la protesta
stessa. Una corteo studentesco non può trasformarsi in una sorta di guerra tra partiti.
Siamo una nazione frammentata al suo interno, divisa in gruppi e correnti di pensiero
troppo radicali per poter ottenere dei risultati. Non si può pensare di non
voler manifestare con il ragazzo un po’ "sfattone" e trasandato
perché è certamente un anarchico, o con il giovane elegante e "firmato",
perché è quasi sicuramente di destra. E’ triste da ammettere, ma è questo ciò
che noi giovani pensiamo considerando solo l’apparenza dei nostri coetanei, e
sono queste idee così superficiali e arretrate che ci impediscono di essere un
gruppo unito durante le proteste.
Quella di oggi è la seconda
delle manifestazioni studentesche
avvenute dall’inizio dell’anno scolastico a Bologna. Lo svolgimento dell’evento
è identico alla volta scorsa. La cosa più sconfortante, che si sperava non sarebbe
più accaduta, soprattutto perché tra l’una e l’altra c’è stato l’episodio
romano, è la piega violenta che il corteo ha preso. Uova e mele scagliate
contro le vetrate delle banche, sfondamento di negozi e molto altro sono la
traccia che abbiamo lasciato, e stiamo lasciando di noi negli articoli di
giornale, nei notiziari, ma soprattutto nelle menti dei cittadini.
Quest’ultimo corteo è solo il
prologo della commedia, perché ormai di questo si tratta, che stiamo per
mettere in scena. Novembre è sinonimo di occupazione, a prescindere dalla
presenza di buone e reali motivazioni
per volerla compiere. Dopo anni di brevi e inconcludenti occupazioni delle
scuole superiori bolognesi, dall’esterno ma anche dall’interno (perché molti
studenti, ormai, sono contro questa ricorrenza)
si comincia a dubitare della serietà con cui noi giovani scegliamo di bloccare
le lezioni in segno di protesta. Le ragioni per dire BASTA sono molteplici:
prima di tutto, come si è detto, si tratta di un cliché, nonché di un
pretesto dei media per beffarsi di noi (come fece il "Resto del Carlino"
due anni fa). Il resto della popolazione, i nostri spettatori, sono stanchi di
assistere allo stesso spettacolo ogni autunno: è giunto il momento di cambiare
copione! In secondo luogo, è democrazia
che chiediamo, ma siamo noi i primi a non rispettarne i termini: l’occupazione
è infatti illegale. Certo in passato è stata fondamentale per le proteste
studentesche, ma oggi ha perso completamente il suo significato, divenendo vaga
contestazione delle leggi dello Stato. Ciò nonostante continuiamo a
considerarla la nostra unica fonte di protesta a lungo termine. Inoltre,
proprio perché non è legale e i cittadini hanno già un’immagine fissa
(rigorosamente negativa) stampata nella mente, non otterremo mai appoggio dall’
esterno. Per concludere, occupando le scuole, creiamo automaticamente una
barriera tra noi e i professori, che sentono al pari nostro le ingiustizie che
vengono compiute, anche se noi non ce ne rendiamo conto. Sarebbe molto più
utile scegliere di cooperare.
I tagli ai fondi della scuola
pubblica e alle ore di lezione, l’inarrestabile precarietà dei docenti e via
dicendo sono tutte valide motivazioni per cui far sentire la nostra voce. Se
c’è una base solida da cui partire cadiamo, però, in fallo nel metodo con cui
scegliamo di protestare.
Proprio negli ultimi giorni, in
sintonia con questo tema scottante, abbiamo introdotto il personaggio e gli
ideali di Giuseppe Mazzini. E’ lui stesso, simbolo consacrato della lotta per
la democrazia, ad affermare che devono
essere bandite le formule, le ripetizioni delle frasi fatte e siano seguite
indicazioni e ispirazioni per un’azione feconda di tutti coloro impegnati nel
movimento sociale. Come lui se ne rese conto all’epoca delle fallite
insurrezioni per l’unità d’Italia, noi giovani dobbiamo farlo oggi e cercare un
metodo alternativo veramente efficace. Mazzini comprese che alle buone
intenzioni dei suoi predecessori mancava qualcosa: l’estensione all’Italia
intera degli ideali rivoluzionari e patriottici, ed è proprio ciò che lui tentò
di fare. L’obbiettivo era di rendere il nostro Paese, diviso in culture e
tradizioni, un unico insieme con gli stessi desideri. Questo obbiettivo deve
diventare anche il nostro, per riuscire a superare la frammentazione e unirci
per uno scopo condiviso. La democrazia è il fine ultimo, e per essere certi di
conquistarla è fondamentale capire che cos’è. Nei Pensieri sulla Democrazia in Europa, Mazzini la descrive
in due sole parole: Diritti e Doveri. Coloro che la perseguono devono essere
legati da una comune identità, devono avere alle spalle una buona educazione
(si parla della formazione della coscienza e del pensiero), devono avere
maturità e chiarezza nei propri obbiettivi. Importante è il miglioramento materiale, la volontà di frenare qualunque egoismo.
Riflettiamo sulle parole di
Mazzini per riscattare l’immagine negativa che ci siamo procurati negli ultimi
anni agli occhi di chi ci circonda. Per una volta, traiamo spunto dai passi
avanti compiuti nel passato per migliorare il nostro presente e garantirci un
futuro sicuro.
Non resta che dire «meditate
meditate e ancora meditate» su tutto ciò prima del CS (consiglio studentesco)
pomeridiano che si terrà martedì 15 novembre in Palestra grande alle 14.30 e
venite carichi di proposte e iniziative
per decidere insieme sul da farsi delle prossime settimane.
Vi aspettiamo
Elena Benincasa
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