La differenza che
spaventa
La parola ebraica “ZAR” sta a significare “lo straniero che abita fuori dai confini di Israele”, verso il quale si nutre un senso di inimicizia. Un “buffo” gioco di parole in ebraico fa confondere “ZAR” con “SAR”. Quest’ultima parola significa invece “il nemico da cui bisogna difendersi”.
Ogni giorno, sempre più persone commettono questo stupido
errore, di confondere ZAR con SAR. Il “diverso” fa paura: ciò che non si
conosce abbastanza non pare degno di immediata integrazione.
Questo tema così complesso e al tempo stesso paradossale, è
stato d’ispirazione a molti letterati e artisti, che con le loro opere hanno
cercato di esprimere la loro opinione.
Ad esempio Omero nell’Odissea dà un chiaro insegnamento su
come ci si deve comportare nei confronti dello straniero: “bisogna prendersi
cura di lui”. E così fece Nausicaa a differenza delle altre ancelle, che
fuggirono ad dinanzi ad Ulisse stanco e provato. La stessa Bibbia insegna, o
meglio, ricorda che tutti siamo stati stranieri in paesi che non erano nostri,
e quindi è bene essere a proprio agio con colui che “non si conosce” e farlo
sentire a casa.
Superare il pregiudizio che ostacola la mescolanza fra le
razze e “sorridere al benvenuto dell’altro”, come disse Derek Walcott è
l’obiettivo prioritario per far funzionare questo meccanismo corrotto in cui
viviamo. Pirandello, in “Novelle per un anno”, esalta l’importanza del
comportamento di Venerina, che di fronte allo straniero, pur non conoscendo la
sua lingua, la sua razza e la sua religione, gli “apre la porta di casa”, e non
solo in senso metaforico.
Elsa Morante, invece, descrive lo straniero come un soldato
che, giunto in terre sconosciute, non instaura legami; tutti i suoi buoni
propositi d’integrazione vengono distrutti dallo sguardo gelido e disumano di
disapprovazione di una passante. Lo stesso tema viene ripreso ne “La
sentinella” di Brown, che descrive il nemico (l’uomo, lo straniero, “il
diverso”) come un essere strisciante e nauseabondo, alla cui vista il
protagonista non si è mai abituato.
La discriminazione dello straniero non è in effetti un tema
arcaico, che possiamo trovare solo in antichi testi, come spesso si vuol far
credere: è una questione scomoda ancora irrisolta. Più ora che nel passato,
quando ormai tutti i paesi sono diventati un crogiuolo di etnie, è aumentata la
differenza e la paura “dell’altro”, soprattutto quando “l’altro” ha principi,
credenze e origini diverse dalle nostre.
La convivenza, da cui bisognerebbe trarre solo tutti i
benefici possibili, a volte rischia perciò di trasformare le persone come
avvenne a Narciso, che dopo aver visto il suo riflesso nell’acqua se ne
innamorò e rifiutò tutto ciò che lo circondava, dando importanza solo alla sua
immagine.
È necessario vivere ed interagire con coloro che non
conosciamo, per formarsi e conoscere i propri limiti. Non esistono più “Rossi
Malpelo” diabolici, ma solo persone uguali ad ognuno di noi, che però ancora
non conosciamo.
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